17 GENNAIO 2015   

ECUMENISMO DEF

GIORNATA DEL DIALOGO EBRAICO-CRISTIANO

  • UN DIALOGO POSSIBILE …
G. Paolo II nella Sinagoga di Roma:   «La religione ebraica in un certo senso, è “intrinseca” alla nostra religione. Noi abbiamo verso di lei dei rapporti che non abbiamo con nessun’altra religione. Voi siete i nostri fratelli preferiti e, in un certo senso, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori».
  • PAPA FRANCESCO NELLA EVANGELII GAUDIUM
  1. Con gli Ebrei,  quale dialogo è possibile?    Uno sguardo molto speciale si rivolge al popolo ebreo, la cui Alleanza con Dio non è mai stata revocata, perché «i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili» (Rm 11,29).  Crediamo insieme con loro nell’unico Dio che agisce nella storia, e accogliamo con loro la comune Parola rivelata.
  2. Come guardare alle incomprensioni del passato?  L’affetto che si è sviluppato ci porta sinceramene ed amaramente a dispiacerci per le terribili persecuzioni di cui furono e sono oggetto, particolarmente per quelle che coinvolgono cristiani.
  3.  Quali grandi valori ci uniscono?  Dio continua ad operare nel popolo dell’Antica Alleanza.  Per questo anche la Chiesa si arricchisce quando raccoglie i valori dell’Ebraismo. Sebbene alcune convinzioni cristiane siano inaccettabili per l’Ebraismo, e la Chiesa non possa rinunciare ad annunciare Gesù come Signore e Messia, esiste una ricca complementarietà che ci permette di leggere insieme i testi della Bibbia ebraica e aiutarci vicendevolmente a sviscerare le ricchezze della Parola, come pure di condividere molte convinzioni etiche e la comune preoccupazione per la giustizia e lo sviluppo dei popoli.       

“Quanto alla elezione, sono amati, a causa dei padri,

perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili!  
 
SAPPI CHE NON SEI TU CHE PORTI LA RADICE MA…
 
… E’ LA RADICE   CHE PORTA TE!

(S. Paolo)

 

  • GIOVANNI PAOLO II:  “Il Signore ha fatto cose grandi per loro… “    Il dramma singolare e sconvolgente della Shoah rappresenta, in qualche modo, il vertice di un cammino di odio che nasce quando l’uomo dimentica il suo Creatore e mette se stesso al centro dell’universo. Come dissi nella visita del 28 maggio 2006 al campo di concentramento di Auschwitz,  “i potentati del Terzo Reich volevano schiacciare il popolo ebraico nella sua totalità” e, in fondo, “con l’annientamento di questo popolo, intendevano uccidere quel Dio che chiamò Abramo, che parlando sul Sinai stabilì i criteri orientativi dell’umanità ” 
  • In questo luogo, come non ricordare gli Ebrei romani che vennero strappati da queste case, davanti a questi muri, e

con orrendo strazio  vennero uccisi ad Auschwitz?

  • Come è possibile dimenticare i loro volti, i loro nomi, le lacrime, la disperazione di uomini, donne e bambini? Lo sterminio del popolo dell’Alleanza di Mosè, prima annunciato, poi sistematicamente programmato e realizzato nell’Europa sotto il dominio nazista, raggiunse in quel giorno tragicamente anche Roma. Purtroppo, molti rimasero indifferenti, ma molti, anche fra i Cattolici italiani, sostenuti dalla fede e dall’insegnamento cristiano, reagirono con coraggio, aprendo le braccia per soccorrere gli Ebrei braccati e fuggiaschi, a rischio spesso della propria vita, e meritando una gratitudine perenne.
  • Anche la Sede Apostolica svolse un’azione di soccorso, spesso nascosta e discreta. La memoria di questi avvenimenti deve spingerci a rafforzare i legami che ci uniscono perché crescano sempre di più la comprensione, il rispetto e l’accoglienza.

ABUNA CHACOUR E LA SUA OPERA DI PACE

 ABUNA CHACOUR E RAGAZZI

  •  Per tre volte Elias Chacour ha ricevuto una candidatura per il Premio Nobel per la Pace. Forse questo palestinese, cittadino di Israele, divenuto prete cattolico della Chiesa melchita e oggi vescovo della più grande comunità cristiana in Israele/Palestina, ha veramente realizzato un’opera di pace ….
  • frutto di decine d’anni di realizzazioni di scuole d’ogni ordine e di università in cui nello Stato di Israele, sia tra gli insegnanti che tra gli allievi, vi sono israeliti, musulmani, cattolici e drusi. Questa opera è il concreto paradosso della pace, in un paese che vive in costante stato di guerra.  Elias Chacour, nato nel 1939 a Biram, nel nord della Galilea, e arcivescovo melchita di Akko, Haifa, Nazaret e della Galilea, ha già pubblicato nel 1990 «Fratelli di sangue» (Edizioni Dehoniane, Roma), tradotto in 28 lingue e, presso Jaca Book, «Apparteniamo tutti a questa terra» nel 1994, tradotto in 11 lingue, e nel 2003 «Ho fiducia in noi». Nonostante la drammatica situazione del suo popolo, i palestinesi, e le sue vicende personali, ha saputo dedicare la sua vita alla riconciliazione dei «fratelli di sangue» che sono gli ebrei e i palestinesi. Da semplice sacerdote a organizzatore di scuole, a vescovo, l’opera della sua vita non è mutata. 
  •     Chacour: il dialogo pensando a Dio  ​Un bambino che si arrampicava sugli alberi della Galilea pensando che, lì vicino, doveva averlo fatto anche Gesù. Un bambino diventato poi prete, vescovo e uomo di pace in quella terra, nel frattempo sfregiata dal conflitto tra arabi e israeliani. Si intitola La storia di Elias Chacour. Un volume che narra le sofferenze patite dalla famiglia del presule a causa della guerra del 1948; ma anche come proprio dalle macerie del suo amatissimo villaggio, Chacour abbia iniziato il percorso che l’ha portato a dare vita, in Galilea, alle scuole delle Mar Elias Educational Institutions, dove ragazzi cristiani, musulmani, drusi ed ebrei studiano insieme. Perché, spiega, «è solo attraverso l’educazione che si insegna a rispettare l’altro e la sua dignità. Insegniamo che ogni essere umano è nato a immagine e somiglianza di Dio. E dunque ha diritto alla stessa dignità, alla stessa libertà, allo stesso rispetto». 
  • LEGGI TUTTO: Chacour- un dialogo possibile…

LE RADICI EBRAICHE DELLA FEDE CRISTIANA 

  1. Noi, come gli apostoli e i discepoli di Gesù, crediamo in “colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i profeti”. E quando recitiamo i Salmi, ci rivolgiamo a Dio con le stesse parole con cui il Figlio di Dio conversava col Padre suo. I Salmi con cui la Chiesa prega sono i Salmi di Israele; sono gli stessi con cui  pregava e prega il popolo ebraico.
  2. Il Padre Nostro, la preghiera che Gesù ha insegnato ai suoi discepoli, così cara a noi cristiani, ha le sue fonti ebraiche, tant’è che un ebreo non avrebbe alcuna difficoltà a recitarla con noi. 
  3.  La Liturgia cristiana è intessuta di Sacra Scrittura. La Costituzione sulla Sacra Liturgia del ConcilioVat.II dice: “Massima è l’importanza della Sacra Scrittura nella celebrazione liturgica. Da essa infatti si attingono le letture da spiegare poi nell’omelia e i salmi da cantare; del suo afflato e del suo spirito sono per­meate le preci, le orazioni e gli inni liturgici; da essa infine prendono significato le azioni e i gesti li­turgici” (SC  I, 24).   
  4. E’ nel contesto della pasqua ebraica che l’ebreo Gesù ci ha lasciato il memoriale della sua pasqua. Gesù è sempre stato ebreo. Egli ha sempre vissuto da ebreo osservante, fino alla morte. Sulla sua croce i Romani hanno scritto: “Gesù nazareno, re dei Giudei”. Quindi, come ha detto Giovanni Paolo II nella Sinagoga di Roma:  Voi siete i nostri fratelli preferiti e, in un certo senso, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori».
  5. Il Rabbi di Nazaret, è “nostro fratello maggiore”.  Egli è la Parola di Dio che si è fatta carne nel grembo di una fanciulla ebrea.  E’ il nostro Maestro che, come ai discepoli di Emmaus, svela alla Chiesa il senso profondo delle Scritture d’Israele.  Il Verbo che si è fatto carne è davvero il “bacio” di Dio all’umanità assetata di amore.

SCARICA + I NOSTRI FRATELLI MAGGIORI

+ EBREI E CATTOLICI INSIEME PER LA PACE

 Ascoltiamo un bel canto di Bocelli… o per lo meno meditiamone le parole. Ci invitano a sognare un mondo unito, senza più guerre , dove i bambini possono ridere e giocare insieme…  Dobbiamo crederci.  Dandoci amore reciprocamente,  potremo fare della terra un piccolo paradiso.

 I BELIEVE

One day I’ll hear The laugh of children

In a world where war has been banned.

One day I’ll see Men of all colours

Sharing words of love and devotion.

Stand up and feel The Holy Spirit  Find the power of your faith.

Open your heart To those who need you

In the name of love and devotion. Yes, I believe.

I believe in the people Of all nations To join and to care For love.

I Believe in a world Where light will guide us

And giving our love We’ll make heaven on earth.

 I BELIEVE!

 PARLIAMONE TRA NOI:

  • STIAMO SEMINANDO pace o  zizzania? Costruiamo  muri o ponti?
  • Come ci atteggiamo con i fratelli  provenienti da altri paesi?
  • Cosa pensiamo del  dialogo tra religioni: pericoloso, utile, necessario?

2 comments

  1. Ho letto più volte gli articoli sopra per assorbirne meglio il contenuto storico.

    Le orribili vicende in UN’UNICO FATTO TERRIFICANTE che è L’ORRORE delle DEPORTAZIONI. Non so perché, o forse lo so bene, sento VIVO LO STRAZIO dei campi di concentramento e mi colpisce la espressione “FRATELLI di SANGUE”, lo STESSO SANGUE che CIRCOLA IN TUTTI NELLE VENE dello SPIRITO, IL SANGUE DI GESù che UNISCE L’UMANITA’ INTERA; e allora, QUEI FRATELLI STRAZIATI in quei “CAMPI DI MORTE”… SIAMO NOI!

  2. Eccoci amici davanti a una pagina famosa su “La vocazione di S.Antonio”«Vita di S. Antonio» scritta da S.Atanasio…può farci meditare TANTO…

    Dopo la morte dei genitori, lasciato solo con la sorella ancor molto piccola, Antonio, all’età di diciotto o vent’anni, si prese cura della casa e della sorella. Non erano ancora trascorsi sei mesi dalla morte dei genitori, quando un giorno, mentre si recava, com’era sua abitudine, alla celebrazione eucaristica, andava riflettendo sulla ragione che aveva indotto gli apostoli a seguire il Salvatore, dopo aver abbandonato ogni cosa. Richiamava alla mente quegli uomini, di cui si parla negli Atti degli Apostoli che, venduti i loro beni, ne portarono il ricavato ai piedi degli apostoli, perché venissero distribuiti ai poveri. Pensava inoltre quali e quanti erano i beni che essi speravano di conseguire in cielo. Meditando su queste cose entrò in chiesa, proprio mentre si leggeva il vangelo e sentì che il Signore aveva detto a quel ricco: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi e avrai un tesoro nei cieli» (Mt 19, 21).
    Allora Antonio, come se il racconto della vita dei santi gli fosse stato presentato dalla Provvidenza e quelle parole fossero state lette proprio per lui, uscì subito dalla chiesa, diede in dono agli abitanti del paese le proprietà che aveva ereditato dalla sua famiglia — possedeva infatti trecento campi molto fertili e ameni — perché non fossero motivo di affanno per sé e per la sorella. Vendette anche tutti i beni mobili e distribuì ai poveri la forte somma di denaro ricavata, riservandone solo una piccola parte per la sorella. Partecipando un’altra volta all’assemblea liturgica, sentì le parole che il Signore dice nel vangelo: «Non vi angustiate per il domani» (Mt 6, 34). Non potendo resistere più a lungo, uscì di nuovo e donò anche ciò che gli era ancora rimasto. Affidò la sorella alle vergini consacrate a Dio e poi egli stesso si dedicò nei pressi della sua casa alla vita ascetica, e cominciò a condurre con fortezza una vita aspra, senza nulla concedere a se stesso. Egli lavorava con le proprie mani: infatti aveva sentito proclamare: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3, 10). Con una parte del denaro guadagnato comperava il pane per sé, mentre il resto lo donava ai poveri. Trascorreva molto tempo in preghiera, poiché aveva imparato che bisognava ritirarsi e pregare continuamente (cfr. 1 Ts 5, 17). Era così attento alla lettura, che non gli sfuggiva nulla di quanto era scritto, ma conservava nell’animo ogni cosa al punto che la memoria finì per sostituire i libri. Tutti gli abitanti del paese e gli uomini giusti, della cui bontà si valeva, scorgendo un tale uomo lo chiamavano amico di Dio e alcuni lo amavano come un figlio, altri come un fratello.

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