IL “GIUDICE RAGAZZINO” È… BEATO
- È UNA VOCE POTENTE che viene da lontano: «IL GIUDICE DEVE OFFRIRE DI SÉ STESSO L’IMMAGINE DI UNA PERSONA SERIA, EQUILIBRATA, RESPONSABILE L’IMMAGINE DI UN UOMO CAPACE DI CONDANNARE MA ANCHE DI CAPIRE; SOLO COSÌ EGLI POTRÀ ESSERE ACCETTATO DALLA SOCIETÀ” Sembra un’ovvietà. E invece la lezione di Rosario Livatino risuona sempre più attuale in questi giorni di rinnovata tensione tra le toghe… Non era certo un ingenuo il giovane magistrato siciliano: «NESSUNO PUÒ CONTESTARE AL GIUDICE IL DIRITTO di ispirarsi a determinati modelli ideologici, che possono anche coincidere con quelli professati da ASSOCIAZIONI POLITICHE». Era ben consapevole che dentro la toga C’È UN UOMO CON LE PROPRIE CONVINZIONI. Eppure: «Essenziale è però che la DECISIONE nasca da un processo motivazionale AUTONOMO E COMPLETO, frutto di una propria PERSONALE ELABORAZIONE, dettata dalla MEDITAZIONE DEL CASO CONCRETO” UNA FRASE TROVATA NEI SUOI APPUNTI: “QUANDO MORIREMO, NESSUNO CI VERRÀ A CHIEDERE QUANTO SIAMO STATI CREDENTI, MA CREDIBILI“. E’ il testamento spirituale e intellettuale del “giudice ragazzino“, Rosario Livatino, Non aveva, voluto la scorta; il suo pensiero era: “MEGLIO CHE MUOIA UNO SOLO, PIUTTOSTO CHE DI PIÙ“.
- MARTIRE DELLA GIUSTIZIA LIVATINO era nato a Canicattì, in provincia di Agrigento, il 3 ottobre 1952 e la sua vita si era spesa tra lo studio– laurea cum laude in giurisprudenza a Palermo nel 1975, A 22 ANNI – e l’impegno in Azione Cattolica. LA SUA GIORNATA ERA INTESSUTA DI PREGHIERA. Iniziava sempre con la sosta in una chiesetta fuori mano in cui poter pregare “IN INCOGNITO” Sulla scrivania di casa c’era UN CROCIFISSO E UN VANGELO pieno di ANNOTAZIONI, segno del fatto che era molto sfogliato. “LA GIUSTIZIA È NECESSARIA, MA NON SUFFICIENTE, E DEVE ESSERE SUPERATA DALLA LEGGE DELLA CARITÀ“.
- LA BEATIFICAZIONE: IL «GIUDICE RAGAZZINO», ucciso dalla mafia IL 21 SETTEMBRE 1990, viene beatificato nella Agrigento del suo martirio. “COERENZA PIENA TRA FEDE E VITA” ( Semeraro)
- “PICCIOTTI, CHE VI HO FATTO?”… La camicia azzurra sporca di sangue, bucata dai proiettili dei sicari mafiosi è in una teca della cattedrale, un reliquiario in argento che ricorda il suo martirio. Da domenica 9 maggio Rosario Livatino, giudice ragazzino assassinato mentre, senza scorta, la mattina del 21 settembre del 1990 andava in tribunale, è beato. Martire trucidato da killer che lo rincorsero e non ebbero pietà di lui. “PICCIOTTI, CHE VI HO FATTO?”, avrebbe detto ai suoi assassini prima di cadere a terra. Una sorte che aveva accettato come prezzo da pagare per la vita che aveva scelto.
- UN UOMO “CREDIBILE”: Il “segreto della santità” è “RIMANERE NELL’AMORE DI CRISTO”, “una situazione che si fa drammaticamente evidente nei momenti in cui ‘ESSERE CRISTIANI’ non è più qualcosa di scontato e diventa, cosa scomoda, rischiosa, pericolosa…Nella vita di LIVATINO, ritorna “il motto T.D. che s’intende come SUB TUTELA DEI e che il nostro beato inseriva, in pagine speciali dei suoi scritti. I GIUSTI, SI COLLOCANO SOTTO LA CROCE... È quanto è accaduto al giudice Livatino, IL QUALE È MORTO PERDONANDO COME GESÙ AI SUOI UCCISORI”.
- TORNANO ALLA MEMORIA LE PAROLE DI PAOLO VI: ‘L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri I TESTIMONI che i MAESTRI,se ascolta i maestri lo fa perché sono dei TESTIMONI” Il nostro Beato lo fu nel martirio COERENZA PIENA TRA FEDE CRISTIANA E VITA.
- IL POSTULATORE DELLA CAUSA DI BEATIFICAZIONE, DON GIUSEPPE LIVATINO, ne ha “studiato” la vita per 7 anni. Uno studio di 4000 pagine che ha raccolto anche la testimonianza del KILLER PENTITO, che ha accettato di parlare “PERCHÉ ERA DOVEROSO” ha detto.
- “D’ORA IN POI SIA CHIAMATO BEATO e, ogni anno, si possa celebrare la sua festa il 29 ottobre”, la formula solenne della proclamazione che arriva nel giorno di un anniversario importante. Ventotto anni fa dalla Valle dei Templi, a poca distanza in linea d’aria da quella cattedrale che ora ospita le reliquie del magistrato martire, PAPA GIOVANNI PAOLO II LANCIÒ IL SUO STORICO ANATEMA CONTRO LA MAFIA…
- IN CHE MODO SI RAPPORTAVA CON GLI IMPUTATI?. Sosteneva che per un magistrato decidere significa sempre optare fra più alternative e soluzioni. Ma – diceva – per poter decidere OCCORRE UNA LUCE, CHE NON POSSIAMO DARCI DA SOLI.
- COSA COMPORTA, QUESTO, NELLA SUA BIOGRAFIA?
Comporta che partecipò in tutto a… due sole conferenze e che non ci sia traccia di un filmato che lo ritragga. È il quadro di una totale DISTANZA DAL PROTAGONISMO… In materia di Bioetica, Fine Vita, Diritto di Famiglia: Il compito di fare le leggi tocca al LEGISLATORE. In questo Livatino, guardava a UNA “LUCE” SENZA PRETENDERE DI ESSERE LUI LA LUCE… - Colpisce che anche nel caso di Livatino, come per PADRE PUGLISI, sia accaduto che alcuni fra i carnefici nel tempo abbiano maturato un profondo cambiamento, come non di rado accade per i martiri. SE PUGLISI SORRISE AL SUO CARNEFICE DICENDOGLI «ME L’ASPETTAVO!», effetto analogo possono aver suscitato, in chi le ha ascoltate, le ultime parole di Livatino, riferite proprio da chi l’ha ucciso: «PICCIOTTI, CHE VI HO FATTO?». Questo ricorda a noi magistrati che a nessuno può essere precluso per sempre un percorso di recupero, dopo che il sangue innocente è stato versato e i colpevoli condannati.
- COME POSSIAMO QUALIFICARE LA SUA SANTITÀ? Ritengo che si potrebbe fare riferimento a quella che, Papa Francesco ha chiamato «LA SANTITÀ DELLA PORTA ACCANTO» Mi Piace Pensare all’esercizio della mitezza evangelica… Il modello è Cristo stesso «mite e umile di cuore». Una virtù testimoniata fino alla morte. L’ultima espressione uscita dalla sua bocca davanti ai suoi uccisori, È «PICCIOTTI, CHE VI HO FATTO?». Espressione che ricalca la liturgia del VENERDÌ SANTO «POPOLO MIO, CHE COSA TI HO FATTO?» Non è un rimprovero e neppure una sentenza di condanna, ma un invito dolorante a riflettere, a ripensare la propria vita, A CONVERTIRSI.
- RISONANZE PERSONALI: Grazie, Rosario, per lezioni di vita così importanti che ci hai lasciato
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