• GEMMA CALABRESI…     «VOLEVO UCCIDERE GLI ASSASSINI DI LUIGI.. DIO HA FERMATO LA MIA VENDETTA.
  • E HO PERDONATO !»                                     Gemma Calabresi, si racconta  a 50 anni dall’omicidio
  • SIGNORA GEMMA, QUANDO VIDE PER LA PRIMA VOLTA SUO MARITO LUIGI CALABRESI?  «Era il Capodanno del 1968, non avevo ancora ventidue anni. I miei erano a Courmayeur, io ero da sola a Milano. La mia amica Maura insistette perché la accompagnassi a una festa. Lo vidi all’ingresso, e dissi alla mia amica: “Guarda quello, mica male…”».

  • COM’ERA? «Elegante: doppiopetto. Alto: un bell’uomo. Per tutta la sera ballò  con me. Amore a prima vista. Mi chiese il numero di telefono. Il giorno dopo Gigi mi chiamò. L’aveva tenuto a mente».

  • «CI SPOSAMMO IL 31 MAGGIO 1969. Al ritorno dal viaggio di nozze in Spagna aspettavo già Mario. Abbiamo fatto tutto in fretta, e ora so perché»….Perché avevamo poco tempo. Volevamo molti figli. I miei figli sono il dono più bello».

  • PIAZZA FONTANA. LA MORTE DI PINELLI. Suo marito gli aveva mai parlato di lui? «Sì. Si conoscevano bene. Commentavano i fatti, discutevano. Dalla morte di Pinelli era distrutto.Quella notte non chiudemmo occhio».

  • COMINCIÒ LA CAMPAGNA CONTRO DI LUI. «Trovavo le scritte sui muri vicino a casa: “Calabresi assassino”, “Calabresi sarai giustiziato”, Gigi Faceva sparire le lettere minatorie…

  • NON AVEVA PAURA? «Sì, ne aveva. Una sera in casa sentimmo un botto di là, lui chiese al suo amico Paolo: mi accompagni a vedere? Temeva stessero sparando dalle finestre.

  • PERÒ NON PORTAVA LA PISTOLA. «La teneva smontata, in un cassetto. Un giorno ebbi un presentimento. Davanti alla farmacia di corso Vercelli mi dissi: SARAI VEDOVA. Scoppiai a piangere. Poi mi scossi: sei scema? Quando Gigi tornò a casa, pensai: vedi? È arrivato, tutto bene. Era un venerdì. LO UCCISERO IL MERCOLEDI DOPO».

  • CHI LA AVVISÒ DELLA SUA MORTE? « Era il primo giorno di lavoro per la signora delle pulizie. Arrivò in ritardo: “Mi scusi, hanno sparato a un commissario”.

  • «TELEFONAI IN QUESTURA; NON RISPONDEVANO. Insistetti; attaccarono il telefono. Poi suonò alla porta un sarto nostro amico, il signor Federico…Mi guardava pallido, impietrito. Io lanciai un urlo: “NOOOOOOO!”.

  • ARRIVÒ DON SANDRO, IL PRETE che ci aveva sposati. Fu don Sandro a dirmi: E’ MORTO. Me lo ricordo sempre quel volto che dice: E’ MORTO.

  • «Mi accasciai sul divano…distrutta, svuotata, abbandonata. Non so quanto tempo sono stata lì, con le mani nelle mani di don Sandro. SO CHE A UN CERTO MOMENTO …DIO È ARRIVATO».

  • DIO? «DIO ERA LÌ CON ME, SU QUEL DIVANO. Ne sono certa. Ho sentito una PACE PROFONDA. Le persone parlavano piangevano, gridavano, tutto era ovattato, distante».

  • LEI AVEVA GIÀ FEDE? «Avevo avuto un’educazione religiosa come quasi tutti gli italiani, andavo in chiesa la domenica con Gigi, ma non ero particolarmente religiosa. IL DONO DELLA FEDE ARRIVÒ ALLORA. PROPOSI A DON SANDRO: “DICIAMO UN’AVE MARIA PER LA FAMIGLIA DELL’ASSASSINO”. Ma non era roba mia. ERA DIO CHE MI INDICAVA LA STRADA.

  • NEL NECROLOGIO lei scrisse le parole di Gesù in croce: «PERDONA LORO, PERCHÉ NON SANNO QUELLO CHE FANNO» «Il cardinale di Milano Colombo disse che quelle parole erano un fiore che sarebbe fiorito nel tempo. E così è stato. MA CI HO MESSO TUTTA LA VITA A PERDONARE. ALL’INIZIO VOLEVO, AL CONTRARIO, VENDICARMI».

  • È CERTA DI RIVEDERLO? «Tutti rivedremo le persone care. Ne sono sicura da quando Dio venne a trovarmi, su quel divano

  • RISONANZE: in questi tempi di inaudita violenza che stiamo vivendo, una TESTIMONIANZA COME QUESTA ci fa riflettere tanto…. che ve ne pare, amici?! ___________­­­­­­­_________________­_____________________________________ donalesiani@gmail.com

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