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- LA FIGLIA DI ALDO MORO E L’EX-BRIGATISTA DALL’ ODIO ALLA RICONCILIAZIONE…SI PUÒ!?!
- Una domenica sera d’estate in città significa gente a passeggio con un gelato in mano, un piccolo spazio di serenità. Poi accade che capiti di sentire una voce che pronuncia al microfono questa frase: HO PARTECIPATO AL SEQUESTRO DEL PAPÀ DI AGNESE. E la parola «SEQUESTRO» rimanda alla violenza e la parola «PAPÀ» richiama a un contatto di amicizia intima.
- CHI PARLA È FRANCO BONISOLI, EX BRIGATISTA, e accanto a lui è seduta AGNESE MORO, FIGLIA DI ALDO. Ieri sera, nella cornice dell’evento E-STATE nella città di Imola i due hanno raccontato che ABBATTERE IL MURO CHE SEPARA VITTIMA E CARNEFICE, è possibile.
- ERA UNA MATTINA DEL MARZO 1978 QUANDO ALDO MORO FU SEQUESTRATO DALLE BRIGATE ROSSE; Quella mattina una ragazza di 26 anni, Agnese Moro, aveva salutato di fretta il padre…E non l’avrebbe mai più rivisto vivo. Dall’altra parte della barricata UN RAGAZZO 23 ENNE, FRANCO BONISOLI, partecipava al sequestro come sostenitore della lotta armata. Aveva fatto quella scelta radicale a soli 19 anni e aveva scelto le Brigate Rosse per un bisogno di non inchinarsi alle ingiustizie del mondo, la Guerra del Vietnam e del Biafra, sullo sfondo l’uccisione di Martin Luther King e Gandhi. LA VIOLENZA come via per opporsi alla VIOLENZA, QUESTA L’ILLUSIONE.
- FRANCO BONISOLI viene arrestato e condannato a un regime carcerario durissimo. Contemporaneamente le vittime, sprofondano in una gabbia di isolamento e dolore non meno terribile. Ascoltando la testimonianza di una vittima della lotta armata e di un convinto protagonista della medesima, ci si accorge che hanno molte cose in comune. Quando il male entra nella realtà, VITTIMA E CARNEFICE (con opposti gradi di responsabilità…) sprofondano nella stessa voragine; il male è male anche per chi lo infligge
- AGNESE MORO E FRANCO BONISOLI condividono sentimenti capaci di precipitare la persona nel buio cieco: rabbia, rancore, sensi di colpa. L’odio e il rancore sono dei padroni terribili …
- CON QUESTA MORSA SUL CUORE VIVE LEI, vittima a cui è stato tolto un padre amatissimo. Nel carcere un non meno lacerante rancore dilania Franco Bonisoli condannato a 4 ergastoli: “Ho vissuto nelle carceri speciali, come l’Asinara e Pianosa. Il carcere duro non mi ha cambiato per niente. Anzi giustificava di più le convinzioni ideologiche.
- IL PONTE È UNA PERSONA . Affinché un essere umano attraversi la bufera… deve essere disposta a spalancare gli occhie ci deve essere qualcuno che tende la mano.
- DA DOVE VIENE LA SPINTA PER CAMBIARE? Ti accorgi che quel dolore, che tu hai dentro si trasmette alle persone che hai vicino. ALL’IMPROVVISO TUTTO È BUIO, A MENO CHE NON SI URLI: “BASTA”
- Ma per uscire dalla gabbia occorre affidarsi a qualcuno che conosca la via. Ed è il volto del padre Guido Bertagnaa irrompere sulla scena: nasce da lui la proposta di una MEDIAZIONE, il sacerdote organizza incontri tra chi ha subito la lotta armata e chi l’ha agita.
- LA CRISI PERÒ IRROMPE NEL MONDO ARROGANTE di Franco Bonisoli: A un certo punto sono andato in crisi, non credevo più nelle ragioni della nostra lotta. Mi ero reso conto di aver rovinato la vita alla mia famiglia e alle persone a cui avevo fatto male… i sensi di colpa sono terribili. Le persone a cui abbiamo sparato non erano persone, le avevamo rese cose, simboli, ruoli. La crisi è cominciata quando ho pensato ALLE PERSONE COME PERSONE. Al momento di crisi segue anche per Bonisoli un incontro: il cappellano del carcere osa definire “FRATELLI” PROPRIO I TERRORISTI. Dal confronto con questo sguardo si mette a fuoco nella testa dell’uomo il desiderio di INCONTRARE LE VITTIME, per alleviare la pena delle persone ferite.
- AGNESE MORO: Ritenevo che il dolore fosse una mia prerogativa di vittima. Ma quando penso che tu hai ucciso delle persone perché volevi cambiare il mondo, ma in realtà ti accorgi che hai solo ammazzato delle persone, IL DOLORE È TERRIBILE… Il contraccolpo del primo incontro tra Agnese Moro e Franco Bonisoli porta in dote la scoperta di un dolore comune, è il 2009. Per entrambi le categorie si sgretolano: LEI TROVA UN UOMO che usa i permessi del carcere per andare ai colloqui coi docenti di suo figlio (“Ma come? Non era un mostro? Può un mostro amare così tanto un figlio?”), lui incontra una donna che avrebbe potuto fargli il terzo grado sul passato da brigatista e che invece gli chiede solo in cosa consista la sua vita oggi.
- HO CAPITO QUANTO È IMPORTANTE CAPIRE IL TEMPO dei verbi: “sono stati” – “sono”. In mezzo c’è un mondo. Il “sono” significa che nella vita puoi averla fatta grossa, ma non è detto che tu perda la tua umanità; LA TUA UMANITÀ PUOI SEMPRE RITROVARLA.
- BONISOLI E MORO RACCONTANO che c’è voluto un anno di fatica per avvicinarsi: SPIEGA AGNESE: Ogni parola è una ferita. Abbiamo passato un anno a smontare le parole, a capire cosa significano per l’altro, non significa scusare niente; significa solo cercare di capire. SE VUOI ASCOLTARE QUALCUNO TI DEVI DISARMARE.
- E L’EX BRIGATISTA parla delle settimane di convivenza organizzate da mediatori…Mi è stata data l’occasione di andare a fondo della cose: ho partecipato a queste settimane di convivenza in cui le vittime e i protagonisti della lotta armata si incontrano. ..abbiamo tirato fuori tutto, guardandoci in faccia e ascoltandoci. L’essenza è tutta lì, nella dinamica dirompente di un incontro. Un uomo che guarda e ascolta un altro uomo.
- E’ GESÙ CHE VA A MANGIARE DA ZACCHEO, è Gesù che parla nel Tempio, è Gesù che si volta verso il buon ladrone. Ho scritto questo ultimo appunto che Franco Bonisoli ha pronunciato con voce commossa:Noi pensavamo che la violenza fosse una scorciatoia per opporci a un’altra violenza, che sentivamo contro, ma la violenza lascia solo altra violenza, aumentando nel buio. Nei conflitti anche quotidiani quando disumanizzi l’altro fai del male a te stesso, soprattutto a te stesso.
- RISONANZE: quel giorno del sequestro di Moro io lo ricordo molto bene…stavo facendo le benedizioni pasquali nella nostra Parrocchia di Bologna in quel marzo 1978… quando si sparse improvvisa la notizia. Un’ombra di tristezza e preoccupazione si sparse subito in città e ci invase l’anima. Una vera tragedia... Ma impariamo: “SE VUOI ASCOLTARE QUALCUNO… TI DEVI DISARMARE…”. GRAZIE, SIG.RA AGNESE
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