LA LETTERA DI SEID UNO SCHIAFFO che deve farci aprire gli occhi sul RAZZISMO Marina Corradi – sabato 5 giugno 2021
- CHE COSA CI VAI DICENDO DI NOI, con il tuo bel viso da ragazzo nero? Qualcosa che non sapevamo forse appieno. Qualcosa che a noi italiani adesso brucia maledettamente. In un sabato quasi d’estate e con nell’aria un principio di nuova speranza – che l’epidemia stia finendo– c’è una lettera sul web, che mette il freddo addosso. L’ha scritta un ragazzo di 20 anni, italiano, cresciuto in Italia ma etiope di nascita, un giovane ex calciatore delle giovanili del Milan, CHE SI È UCCISO.
- È QUELLA DI SEID, UNA LETTERA molto bella, e terribile. La lettera di un ragazzo nero a un Paese che ha visto cambiare. Una lettera all’Italia del 2021. Non più quella in cui un bambino nero, adottato a 7 anni a Nocera Inferiore, si era abituato a sentirsi guardare con curiosità, ma anche rispetto e affetto. In pochi anni, con l’aumento del flusso migratorio, gli sguardi della gente cambiano, si fanno sospettosi. Forse, perché Seid non è più un bambino ma un uomo, un atleta, alto e forte. Qualcuno in lui comincia a percepire una minaccia, come se una faccia nera indicasse un nemico. Seid si è fatto uomo e l’Italia si è fatta più dura. Scriveva su Facebook:
- “ADESSO, OVUNQUE IO VADA, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, schifati e impauriti delle persone. Qualche mese fa ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone si rifiutavano di farsi servire da me e mi additavano la responsabilità del fatto che molti giovani italiani non trovassero lavoro”. C’è un pezzo dell’Italia di oggi in queste righe, vista con gli occhi di quelli che bussano alla nostra porta. Giacché, benché Seid fosse cresciuto in una famiglia italiana e nelle nostre scuole, il mondo intorno era cambiato tanto che ormai bastava la sua pelle a destare rancore. “Questo qui lavora, e i nostri figli a spasso…”, borbottavano certi clienti al bar.
- UN AMICO NERO COME LUI GLI RACCONTA che stava giocando a pallone quando gli si sono avvicinate delle signore: “Goditi questo tuo tempo, perché tra un po’ verranno a prenderti per riportarti al tuo Paese”, dicono.
- E QUESTA È FORSE LA RIGA PEGGIORE DELLA LETTERA: donne adulte, forse anche madri, che parlano così a un ragazzo che gioca a pallone. Forse non credevamo di essere arrivati a questo punto. Forse c’è più odio, sotto la pelle di quest’Italia, di quanto ci eravamo resi conto. Non che non sapessimo dell’allargarsi del razzismo. Però una frase sibilata ai bordi di un campetto dice più di tanti sondaggi. Dice di un’Italia incattivita. Una nota teoria sociologica, quella del “capro espiatorio”, afferma che nelle fasi di impoverimento l’ostilità sociale aumenta e mira ai più deboli, agli stranieri, ai “diversi”…Con ciò, le parole che ci lascia non possono lasciarci in pace. “La paura per l’odio che vedevo negli occhi della gente verso gli immigrati, la paura per il disprezzo che sentivo nella bocca della gente…”.
- INFINE, LE ULTIME RIGHE: “IL DISAGIO E LA SOFFERENZA che sto vivendo io sono una goccia d’acqua in confronto all’oceano di sofferenza che stanno vivendo quelle persone che preferiscono morire anziché condurre un’esistenza nella miseria e nell’inferno”. Si resta zitti. Non si clicca su un’altra notizia. Cosa ci vai dicendo di noi, Seid, con il tuo bel viso da ragazzo nero? Qualcosa che non sapevamo forse appieno. COME UNO SCHIAFFO: brucia, maledettamente.
- CARO SEID, PERDONACI, SE PUOI. CHE SAPPIA, QUESTA TUA LETTERA DIVENUTA TRAGICO TESTAMENTO, APRIRE GLI OCCHI, FRA DI NOI, A QUALCUNO.
- RISONANZE PERSONALI: Cari Amici, mi rendo conto che l’argomento è estremamente delicato e complesso…ma non può non farci pensare…Che ne dite?
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