- PRESENTAZIONE DI MARIA AL TEMPIO Cari amici questa mattina rileggiamoci questo splendido cantico di DANTE ALLA VERGINE MARIA…
«Vergine madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’eterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore
per lo cui caldo ne l’eterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra i mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia ed a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificienza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate».
… E QUESTA PROFONDA RIFLESSIONE DI S. AGOSTINO
- CRISTO È VERITÀ NELLA MENTE DI MARIA, CRISTO È CARNE NEL GREMBO DI MARIA. Dai «Discorsi» di sant’Agostino, vescovo… Fate attenzione, vi prego, a quello che disse il Signore Gesù Cristo, stendendo la mano verso i suoi discepoli: « ECCO MIA MADRE ED ECCO I MIEI FRATELLI; PERCHÉ CHIUNQUE FA LA VOLONTÀ DEL PADRE MIO CHE È NEI CIELI, QUESTI È PER ME FRATELLO, SORELLA E MADRE » (Mt 12, 49-50). Forse che non ha fatto la volontà del Padre la Vergine Maria, la quale credette in virtù della fede, concepì in virtù della fede, fu scelta come colei dalla quale doveva nascere la nostra salvezza tra gli uomini, fu creata da Cristo, prima che Cristo in lei fosse creato? Ha fatto, sì certamente ha fatto la volontà del Padre Maria santissima e PERCIÒ CONTA DI PIÙ PER MARIA ESSERE STATA DISCEPOLA DI CRISTO, CHE ESSERE STATA MADRE DI CRISTO. Lo ripetiamo: fu per lei maggiore dignità e maggiore felicità essere stata discepola di Cristo che essere stata madre di Cristo. PERCIÒ MARIA ERA BEATA, PERCHÉ, ANCHE PRIMA DI DARE ALLA LUCE IL MAESTRO, LO PORTÒ NEL SUO GREMBO. OSSERVA SE NON È VERO CIÒ CHE DICO. MENTRE IL SIGNORE PASSAVA, SEGUITO DALLE FOLLE, E COMPIVA I SUOI DIVINI MIRACOLI, UNA DONNA ESCLAMÒ: « BEATO IL GREMBO CHE TI HA PORTATO! » (LC 11, 27). FELICE IL GREMBO CHE TI HA PORTATO! E PERCHÉ LA FELICITÀ NON FOSSE CERCATA NELLA CARNE, CHE COSA RISPOSE IL SIGNORE? « BEATI PIUTTOSTO COLORO CHE ASCOLTANO LA PAROLA DI DIO E LA OSSERVANO » (LC 11, 28). ANCHE MARIA PROPRIO PER QUESTO È BEATA, PERCHÉ HA ASCOLTATO LA PAROLA DI DIO E L’HA OSSERVATA. Ha custodito infatti più la verità nella sua mente, che la carne nel suo grembo. Cristo è verità, Cristo è carne; Cristo è verità nella mente di Maria, Cristo è carne nel grembo di Maria. CONTA DI PIÙ CIÒ CHE È NELLA MENTE, DI CIÒ CHE È PORTATO NEL GREMBO. SANTA È MARIA, BEATA È MARIA, MA È MIGLIORE LA CHIESA CHE LA VERGINE MARIA. PERCHÉ? PERCHÉ MARIA È UNA PARTE DELLA CHIESA: un membro santo, un membro eccellente, un membro che tutti sorpassa in dignità, ma tuttavia è sempre un membro rispetto all’intero corpo. Se è membro di tutto il corpo, allora certo vale più il corpo che un suo membro. Il Signore è capo, e il Cristo totale è capo e corpo. Che dire? Abbiamo un capo divino, abbiamo per capo Dio. PERCIÒ, O CARISSIMI, BADATE BENE: ANCHE VOI SIETE MEMBRA DI CRISTO, ANCHE VOI SIETE CORPO DI CRISTO. OSSERVATE IN CHE MODO LO SIETE, PERCHÉ EGLI DICE: «ECCO MIA MADRE, ED ECCO I MIEI FRATELLI » (MT 12, 49). COME POTRETE ESSERE MADRE DI CRISTO? CHIUNQUE ASCOLTA E CHIUNQUE FA LA VOLONTÀ DEL PADRE MIO CHE È NEI CIELI, EGLI È PER ME FRATELLO, SORELLA E MADRE (CFR. MT 12, 50).
+++++++++++++++++++++++++++++++++++
8. VIAGGIO ALLE SORGENTI CON LUCA EVANGELISTA. E SU QUALE ISOLA SIETE ANDATI A SBATTERE ? 28,1SS
- Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chiamava Malta. Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo.
- PASSATO L’INVERNO SIETE PARTITI PER ROMA COME? Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell’isola, recante l’insegna dei Diòscuri. Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l’indomani arrivammo a Pozzuoli. Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana.
- PARTIMMO QUINDI ALLA VOLTA DI ROMA. I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, RESE GRAZIE A DIO E PRESE CORAGGIO. ARRIVATI A ROMA, FU CONCESSO A PAOLO DI ABITARE PER SUO CONTO CON UN SOLDATO DI GUARDIA.
- ANNUNCIARE GESÙ ANCHE AGLI ARRESTI DOMICILIARI? Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e ACCOGLIEVA TUTTI QUELLI CHE VENIVANO A LUI, annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.
- E TU SOLO, LUCA, SEI RIMASTO ACCANTO A PAOLO FINO ALL’ULTIMO? Cerca di venire presto da me, perché Dema mi ha abbandonato ed è partito per Tessalonica; Crescente è andato in Galazia, Tito in Dalmazia. SOLO LUCA È CON ME. (2TIM.)
- UN DESIDERIO CHE INVOCA DIO È GIÀ UNA PREGHIERA. NON SMETTERE MAI DI DESIDERARE. (S. Agostino)
- DOMENICA 18 NOVEMBRE : GIORNATA MONDIALE DEI POVERI: QUESTO POVERO GRIDA E IL SIGNORE LO ASCOLTA
- «Questo povero grida e il Signore lo ascolta» (Sal 34,7). Chi scrive quelle parole non è estraneo a questa condizione, al contrario. Ci viene detto, anzitutto, che il Signore ascolta i poveri che gridano a Lui ed è buono con quelli che cercano rifugio in Lui con il cuore spezzato dalla tristezza, dalla solitudine e dall’esclusione. Ascolta quanti vengono calpestati nella loro dignità e, nonostante questo, hanno la forza di innalzare lo sguardo verso l’alto per ricevere luce e conforto.
- IL SALMO CARATTERIZZA CON TRE VERBI L’ATTEGGIAMENTO DEL POVERO E IL SUO RAPPORTO CON DIO. “GRIDARE”. La condizione di povertà diventa un grido che attraversa i cieli e raggiunge Dio. Che cosa esprime il grido del povero se non la sua sofferenza e solitudine, la sua delusione e speranza? Possiamo chiederci: come mai questo grido, che sale fino al cospetto di Dio, non riesce ad arrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili? In una Giornata come questa, siamo chiamati a un serio esame di coscienza per capire se siamo capaci di ascoltare i poveri.
3. UN SECONDO VERBO È “RISPONDERE”. Il Signore, dice il Salmista, non solo ascolta il grido del povero, ma risponde. La sua risposta, come viene attestato in tutta la storia della salvezza, è una partecipazione piena d’amore alla condizione del povero. La risposta di Dio al povero è un intervento di salvezza per curare le ferite dell’anima e del corpo, per restituire giustizia e per aiutare a riprendere la vita con dignità. - UN TERZO VERBO È “LIBERARE”. Il povero della Bibbia vive con la certezza che Dio interviene a suo favore per restituirgli dignità. E’ a partire da questa vicinanza concreta e tangibile che prende avvio un genuino percorso di liberazione: «Ogni cristiano e ogni comunità sono chiamati ad essere strumenti di Dio per la liberazione e la
promozione dei poveri, (Ev gaudium, 187).
5. «CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA!» (v. 49). Purtroppo si verifica spesso che le voci che si sentono sono quelle del rimprovero e dell’invito a tacere. Sono voci stonate, spesso determinate da una fobia per i poveri …Sentiamoci tutti, in questo giorno, debitori nei loro confronti, perché tendendo le mani l’uno verso l’altro, si realizzi l’incontro salvifico che sostiene la fede, rende fattiva la carità e abilita la speranza a proseguire sicura nel cammino verso il Signore che viene.
+++++++++++++++++
CHIEDIAMOCI: Luca evangelista della storia e della preghiera…come conciliare questi due elementi? Portiamo la nostra vita nella preghiera e la preghiera nella nostra vita quotidiana? Se vuoi, scriviamoci: donalesiani@gmail.com – www.donvincenzoalesiani.it
++++++++++++++++++++++
7. VIAGGIO ALLE SORGENTI CON LUCA EVANGELISTA…
- NELLE BURRASCHE DELLA VITA: CHE FARE?
- NEL VIAGGIO VERSO ROMA, COSA E’ SUCCESSO? Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta. Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l’isola un vento d’uragano, detto “Euroaquilone”. La nave fu travolta nel turbine. Non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa andavamo alla deriva. (At 27,13ss)
- OGNI SPERANZA PERDUTA? E PAOLO CHE FACEVA?Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Cauda, a fatica mantenemmo il controllo della scialuppa. Eravamo sbattuti violentemente dalla tempesta e il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico; 19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l’attrezzatura della nave. 20Da vari giorni non comparivano più né sole né stelle e continuava una tempesta violenta; ogni speranza di salvarci era ormai perduta. Da molto tempo non si mangiava; Paolo allora, alzatosi in mezzo a loro, disse:
- «UOMINI, AVRESTE DOVUTO DAR RETTA A ME e non salpare da Creta; avremmo evitato questo pericolo e questo danno. Ma ora vi invito a farvi coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite umane in mezzo a voi, ma solo della nave …La tempesta continuava a infuriare, ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta. Giunse la 14.ma notte da quando andavamo alla deriva nell’Adriatico, Paolo esortava tutti a prendere cibo: “Oggi è il 14.mo giorno che passate digiuni. Vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto”.
- Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare. Tutti si sentirono rianimati, e anch’essi presero cibo.
- Eravamo complessivamente sulla nave 276 persone. (At.27,27ss) Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
SI SVEGLIA DOPO 12 ANNI DI COMA LA MAMMA DI 75 ANNI LO HA SEMPRE VEGLIATO
- HA ACCUDITO IL FIGLIO IN COMA spendendo tutti i suoi risparmi. Dopo 12 anni, però, il miracolo: l’uomo si è svegliato e ha trovato al suo fianco la madre ormai 75enne che …ha pianto di gioia… “L’umano arriva dove arriva l’amore“, è la prima frase che mi è venuta in mente incontrando questa notizia che arriva dalla Cina.
- – 12 ANNI DI ACCUDIMENTO A 36 anni Wang Shubao ebbe un gravissimo incidente; Rimase paralizzato e in stato di coma… sua madre Wei Mingying. Vedova e con poche risorse economiche, è stata al capezzale di Wang ogni giorno: Wei Mingying
- LA SUA GIORNATA comincia alle 5: lava la faccia del figlio, poi gli fa il bagno, lo nutre, lo massaggia e gli cambia posizione per prevenire le piaghe da decubito. Accudire il figlio è tutta la sua vita, ma non si è mai lamentata Tutti i risparmi di una vita sono stati spesi e non sono bastati, ha dovuto contrarre un debito di circa 15 mila euro. Non è bastato e per risparmiare ancora di più, la signora Wei è arrivata a rimanere a pane e acqua per un mese: in 12 anni ha perso 20 chili. Lo scorso mese un velo di luce ha squarciato questa notte lunga 12 anni: una mattina WANG HA SORRISO ALLA MADRE; segno inequivocabile di una coscienza che riaffiorava. Tuttora non è in grado di muoversi e parlare, ma capisce e risponde con sorrisi alle parole. Sua madre ha dichiarato: “SPERO RITORNI A CHIAMARMI MAMMA”.
- Non stupisce che la tempra umana di questa donna sia quella di chi continua a star lì dove il destino l’ha messa e dimostra l’amore facendo, più che parlando. A 75 anni, Wei ha ancora molto da fare e non pare impensierita delle fatiche che L’ATTENDONO
- MANI ALL’OPERA, CUORE VIVO: Mia nonna era così, una roccia di amore vissuto più che parlato. Ha accudito il marito malato di Alzheimer fino alla morte, senza mai piangere e piangersi addosso. Ad ogni latitudine ci sono queste Marta, piccole e indefesse. Ciascuno di noi ne ha presente qualcuna o qualcuno; sono tutta quella brava gente a cui i discorsi intellettuali sull’utilità o inutilità della vita scivolano via come acqua.
- Non hanno tempo di stare a pensare alla vita in astratto, perché CI STANNO DENTRO CON DUE BRACCIA E DUE GAMBE IN MOVIMENTO.
- POVERTÀ DI TASCA E RICCHEZZA DI CUORE, UNA LEZIONE CHE S’IMPARA DAGLI ULTIMI…
Se vuoi, scriviamoci: donalesiani@gmail.com – www.donvincenzoalesiani.it
“(…)Se ho la capacità di mettere in relazione i suoni nel tempo e nello spazio, supero la coscienza percettiva (…) C’è un silenzio prima dell’attività e dopo la possibilità umana dell’orecchio e della coscienza di ascoltare. Il campo da niente a tutto è polarizzato, indirizzato, non è neutrale (…) Le note non fanno che servire da veicoli per una sostanza, che non si può definire intellettualmente (…) Se il movimento muove qualcosa, deve partire da un punto per entrare in un processo di espansione, che non si fa in un solo senso, altrimenti sarebbe meccanico, ma si alterna a momenti di distensione e così crea un’articolazione (…) Dal punto in cui comincia a quello massimale che raggiunge, il tempo evolve attraverso un movimento “di dentro” di tipo logaritmico. Mette in relazione tutti i momenti del cammino, dalla fase di espansione, e del suo punto culminante, a quella di ripiegamento su se stesso e di ritorno, percorrendo il tempo in senso contrario (…) Condizione per fare un movimento sinfonico è rendersi conto in ogni istante da dove viene e dove va.”
Sergiu Celibidache
Nel pensiero di questo grande direttore d’orchestra sono stata colpita dal riferimento al silenzio che viene prima dell’attività musicale, che sembra evocare quello che precede la nascita e che definirei del “concepimento”. Invece il silenzio del dopo, addirittura capace di superare la possibilità umana dell’orecchio e della coscienza di ascoltare rimanda alla metafisica, al mistero dell’oltre. Chiamerei quest’ultimo il “silenzio dell’affidamento”. Celibidache inserisce la musica nell’intermezzo fra questi due silenzi cosmici. Nel primo viene concepita l’idea, che dona al desiderio l’occasione di incontrare la sua forma e il suo principio. Il secondo eleva esponenzialmente la sua composizione, la sua realizzazione. Questo processo e questo movimento, che incarnano l’evoluzione con cui l’arte mira a darsi polarità, cammino, identità e, in un certo senso, a trovare casa nella passione, somigliano in modo impressionante alla vita. L’ascolto dei suoni in relazione l’uno con l’altro, delle cose che ciascun strumento ha da dire, della sostanza che viene veicolata dalle note rimanda a quello della coscienza che dialoga con se stessa e con il creato. E’ un ascolto che porta a leggerezza la consistenza. E’ un’altitudine, oltre che un’attitudine, del disporsi e del mettersi a disposizione. E’ un ascolto che legge mentre scrive, ovvero che cerca di riconoscere dal di dentro le assonanze e le aderenze della musica allo spazio che la rappresenta e dove abita, ma nello stesso tempo ha facoltà di scegliere il modo di attraversarla, di percorrerla, di viverla e di comprenderla come un’opera articolata, come una sinfonia.
Allora mi viene da pensare che l’alfa e l’omega di quei silenzi, che anticipano e superano il nostro alfabeto di assaggio e di passaggio nel mondo, che aspettano l’innesto della composizione con la sua rivelazione, non siano solitudini e nemmeno dispersioni. La provenienza e la destinazione contengono la nostra vita e sono la vera opera di cui prendere coscienza e a cui dare ascolto. La capacità di comprendere la fine contenuta nell’inizio e le relazioni che legano i suoni fra di loro, come direbbe Celibidache, offre la via per avvicinarsi alla verità. Quando il rapporto con l’opera cosmica tocca la passione, e partecipa della sua vibrazione, è talmente vitale che le braccia non si allargano solo nell’esecuzione, ma nella libertà della dimora di appartenenza e nella ricerca del proprio posto nel mondo, del proprio suono nel concerto. Prendendo a prestito il riferimento figurativo delle braccia, vorrei che l’orchestrazione della mia pagina e della mia partitura fosse una forma di abbraccio. Devo sentire il contatto del mio fraseggio con il suo contenuto. Da questo punto di “stretta”, oltre che di vista, il mio desiderio si chiama vicinanza. E dunque la musica, nel mio caso in senso metaforico, diventa indispensabile al pari dell’ossigeno. Mentre animo il respiro della mia orchestra simbolica, respiro i battiti della musica, che le aderisce come l’identità sua propria. L’alchimia di questa fusione ossigena. Come l’ossigeno viene costantemente ripristinato nell’atmosfera dalla fotosintesi delle piante, così si rigenera la sostanza vitale della propria musica. E lo fa sotto forma di energia e di movimento che, guarda non a caso, compongono di ossigeno l’aria e l’acqua. Il concerto può divenire pian piano fenomeno di respirazione e moto ondoso di un percorso. Eppure il suo ascolto non è solo spiaggia o attesa. Il respiro e l’onda prelevano la vita dal silenzio e la sollevano nelle frequenze della sua possibilità. Nel loro manifestarsi indicano una tensione ad altro, forse a ciò che supera. Infatti, anche se l’ossigeno è l’elemento più abbondante della crosta terrestre, il suo spettro è spesso rintracciabile nelle stelle. La parte di spettro visibile dà vita alla luce; le parti non visibili a lunghezze d’onda. Anche nella musica della vita può succedere altrettanto. Da quale luce solare attingere, dunque?
GODIAMOCI UNA MEMORABILE PAGINA DI S. AGOSTINO CHE CI FA VENIRE LA NOSTALGIA DEL CIELO
VERRAI ALLA SORGENTE, VEDRAI LA STESSA LUCE
A paragone degli infedeli, noi cristiani siamo ormai luce. Perciò dice l’Apostolo: «SE UN TEMPO ERAVATE TENEBRA, ORA SIETE LUCE NEL SIGNORE; COMPORTATEVI PERCIÒ COME I FIGLI DELLA LUCE» (Ef 5,8). E altrove disse: «La notte è avanzata, il giorno è vicino. GETTIAMO VIA PERCIÒ LE OPERE DELLE TENEBRE E INDOSSIAMO LE ARMI DELLA LUCE. COMPORTIAMOCI ONESTAMENTE COME IN PIENO GIORNO» (Rm 13, 12-13).
Ma poiché, in confronto di quella luce alla quale stiamo per giungere, anche il giorno in cui ci troviamo è quasi notte, ascoltiamo l’apostolo Pietro. Egli ci dice che a Cristo Signore dalla divina maestà fu rivolta questa parola: «TU SEI IL MIO FIGLIO PREDILETTO, NEL QUALE MI SONO COMPIACIUTO. QUESTA VOCE, PROSEGUE, NOI L’ABBIAMO UDITA SCENDERE DAL CIELO, MENTRE ERAVAMO CON LUI SUL SANTO MONTE» (2 Pt 1, 17-18). Noi però non c’eravamo sul monte e non abbiamo udito questa voce scendere dal cielo e perciò lo stesso Pietro soggiunge: Noi abbiamo una conferma migliore nella parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere L’ATTENZIONE COME A LAMPADA CHE BRILLA IN UN LUOGO OSCURO, FINCHÉ NON SPUNTI IL GIORNO E LA STELLA DEL MATTINO NON SI LEVI NEI VOSTRI CUORI (cfr. 2 Pt 1,19).
QUANDO DUNQUE VERRÀ NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO E, COME DICE L’APOSTOLO PAOLO, «METTERÀ IN LUCE I SEGRETI DELLE TENEBRE, E MANIFESTERÀ LE INTENZIONI DEI CUORI: ALLORA CIASCUNO AVRÀ LA SUA LODE DA DIO» (1 Cor 4,5).
Allora, essendo un tal giorno così luminoso, non saranno più necessarie le lucerne. Non ci verrà più letto il profeta, non si aprirà più il libro dell’Apostolo; non andremo più a cercare la testimonianza di Giovanni, non avremo più bisogno del vangelo stesso. Saranno perciò eliminate tutte le Scritture, che nella notte di questo secolo venivano accese per noi come lucerne, perché non restassimo nelle tenebre.
Eliminate tutte queste cose, giacché non avremo più bisogno della loro luce, e venuti meno anche gli stessi uomini di Dio, che ne furono i ministri, perché anch’essi vedranno con noi quella luce di verità in tutta la sua chiarezza, messi da parte insomma tutti questi mezzi sussidiari, che cosa vedremo? Di che cosa si pascerà la nostra mente? Di che cosa si delizierà la nostra vista? Da dove verrà quella gioia, che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore d’uomo? (cfr. 1Cor 2,9). Che cosa vedremo?
Vi scongiuro, amate con me, correte con me saldi nella fede: aneliamo alla patria del cielo, sospiriamo alla patria di lassù; consideriamoci quali semplici pellegrini quaggiù. Che vedremo allora? Ce lo dica ora il vangelo: «In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio» (Gv 1,1). Verrai alla sorgente, da cui ti sono giunte poche stille di rugiada. VEDRAI PALESEMENTE QUELLA LUCE, DI CUI SOLO UN RAGGIO, PER VIE INDIRETTE E OBLIQUE, HA RAGGIUNTO IL TUO CUORE, ANCORA AVVOLTO DALLE TENEBRE E CHE HA ANCORA BISOGNO DI PURIFICAZIONE. ALLORA POTRAI VEDERLA QUELLA LUCE E SOSTENERNE IL FULGORE. «CARISSIMI, DICE LO STESSO SAN GIOVANNI, NOI FIN D’ORA SIAMO FIGLI DI DIO, MA CIÒ CHE SAREMO NON È STATO ANCORA RIVELATO. SAPPIAMO PERÒ CHE QUANDO EGLI SI SARÀ MANIFESTATO, NOI SAREMO SIMILI A LUI, PERCHÉ LO VEDREMO COSÌ COME EGLI È» (1GV 3,2). MI ACCORGO CHE I VOSTRI AFFETTI SI LEVANO CON ME VERSO L’ALTO; MA «UN CORPO CORRUTTIBILE APPESANTISCE L’ANIMA E QUESTA ABITAZIONE TERRENA GRAVA LA MENTE DAI MOLTI PENSIERI» (SAP 9,15). ECCO CHE IO STO PER DEPORRE QUESTO LIBRO E VOI PER TORNARVENE CIASCUNO A CASA SUA. CI SIAMO TROVATI ASSAI BENE SOTTO QUESTA LUCE COMUNE, NE ABBIAMO DAVVERO GIOITO, NE ABBIAMO DAVVERO ESULTATO: MA, MENTRE CI SEPARIAMO GLI UNI DAGLI ALTRI, BADIAMO BENE A NON ALLONTANARCI DA LUI. SECONDA LETTURA
ESENZIALITA’ – Bruno Ferrero
“Il filosofo Diogene non solo era contrario ad ogni lusso, ma evitava di utilizzare e di possedere tutto ciò che non era strettamente necessario. Fedele ai suoi principi, egli viveva in una botte ed unico suo utensile era una ciotola di legno con la quale prendeva l’acqua per bere.
Un giorno, mentre passeggiava per la città, vide un bambino che, per bere, prendeva acqua da una fontana utilizzando solo le mani. Così, ritenendola un inutile lusso, Diogene gettò via la sua ciotola”.
——————————————————————————–
Un giorno un turista fece visita ad un famoso rabbino.
Rimase stupito nel vedere che gli unici mobili erano un tavolo e una panca.
“Rabbi, dove sono i tuoi mobili?”, chiese il turista.
“E i tuoi, dove sono?”, disse il rabbino.
“I miei? Ma io sono qui DI PASSAGGIO, replicò il turista.
“ANCH’IO……….!”, disse il rabbino.
È quanto mai vero, infatti, ciò che dice il Signore: «LÀ DOV’È IL TUO TESORO, SARÀ ANCHE IL TUO CUORE» (Mt 6, 21). Ma qual è il tesoro dell’uomo se non la messe delle sue opere e il raccolto delle sue fatiche? «INFATTI CIASCUNO RACCOGLIERÀ QUELLO CHE AVRÀ SEMINATO» (Gal 6, 7); e qual è la prestazione di ciascuno, tale sarà anche il compenso che riceverà. Inoltre dove si ripone la felicità del godimento, lì si concentra anche la preoccupazione del cuore. Ma, essendo molteplici le specie di ricchezze e diversi i motivi e le fonti di piacere, per ognuno il tesoro consiste in ciò che forma l’oggetto delle proprie aspirazioni. PERÒ SE QUESTE TENDONO AI BENI TERRENI, ANCHE SE PIENAMENTE APPAGATE, NON RENDONO FELICI. PORTANO ALLA FELICITÀ, INVECE, QUELLE ORIENTATE ALLE COSE DI LASSÙ.
Coloro, infatti, che aspirano alle cose celesti e non a quelle della terra e non si protendono verso i beni caduchi, bensì verso i beni eterni, hanno riposto le loro ricchezze incorruttibili in quel bene di cui parla il profeta, dicendo: «È giunto il nostro tesoro e la nostra salvezza, sapienza e scienza e pietà dal Signore: sono questi i tesori della giustizia» (Is 33, 6 volg.). PER MEZZO DI QUESTI BENI, CON L’AIUTO DELLA GRAZIA DI DIO, ANCHE I BENI TERRENI SI TRASFORMANO IN BENI CELESTI. EFFETTIVAMENTE SONO MOLTI QUELLI CHE SI SERVONO DELLE RICCHEZZE, O GIUSTAMENTE EREDITATE O ALTRIMENTI ACQUISITE, COME MEZZI PER ESERCITARE LA MISERICORDIA.
E quando, per sostentare i poveri, elargiscono il loro superfluo, accumulano per sé ricchezze che non si perdono, PERCHÉ CIÒ CHE HANNO MESSO DA PARTE PER I POVERI NON VA PIÙ SOGGETTO A PERDITA.
A ragione costoro hanno il loro cuore dove hanno posto il loro tesoro, perché la loro più grande felicità sarà quella di godersi le ricchezze conseguite e di accrescerle sempre di più senza alcun timore che vadano perdute.
«La preghiera» di Origène, sacerdote
VENGA IL TUO REGNO
Il regno di Dio, secondo la parola del nostro Signore e Salvatore, non viene in modo da attirare l’attenzione e nessuno dirà: Eccolo qui o eccolo là; il regno di Dio è in mezzo a noi (cfr. Lc 16, 21), poiché assai vicina è la sua parola sulla nostra bocca e nel nostro cuore (cfr. Rm 10, 8). Perciò, senza dubbio, colui che prega che venga il regno di Dio, PREGA IN REALTÀ CHE SI SVILUPPI, PRODUCA I SUOI FRUTTI E GIUNGA AL SUO COMPIMENTO QUEL REGNO DI DIO CHE EGLI HA IN SÉ. DIO REGNA NELL’ANIMA DEI SANTI ED ESSI OBBEDISCONO ALLE LEGGI SPIRITUALI DI DIO CHE IN ESSI ABITA. COSÌ L’ANIMA DEL SANTO DIVENTA PROPRIO COME UNA CITTÀ BEN GOVERNATA. NELL’ANIMA DEI GIUSTI È PRESENTE IL PADRE E COL PADRE ANCHE CRISTO, SECONDO QUELL’AFFERMAZIONE: «VERREMO A LUI E PRENDEREMO DIMORA PRESSO DI LUI» (GV 14, 23).
Ma questo regno di Dio, che è in noi, col nostro instancabile procedere giungerà al suo compimento, quando si avvererà ciò che afferma l’Apostolo del Cristo. Quando cioè egli, dopo aver sottomesso tutti i suoi nemici, consegnerà il regno a Dio Padre, perché Dio sia tutto in tutti (cfr. 1 Cor 15, 24. 28). PERCIÒ PREGHIAMO SENZA STANCARCI. FACCIAMOLO CON UNA DISPOSIZIONE INTERIORE SUBLIMATA E COME DIVINIZZATA DALLA PRESENZA DEL VERBO. DICIAMO AL NOSTRO PADRE CHE È IN CIELO: «SIA SANTIFICATO IL TUO NOME; VENGA IL TUO REGNO» (MT 6, 9-10). RICORDIAMO CHE IL REGNO DI DIO NON PUÒ ACCORDARSI CON IL REGNO DEL PECCATO, (cfr. 2 Cor 6, 14-15).
Se vogliamo quindi che Dio regni in noi, in nessun modo «regni il peccato nel nostro corpo mortale» (Rm 6, 12). Mortifichiamo le nostre membra che appartengono alla terra (cfr. Col 3, 5). Facciamo frutti nello Spirito, perché Dio possa dimorare in noi come in un paradiso spirituale. REGNI IN NOI SOLO DIO PADRE COL SUO CRISTO. SIA IN NOI CRISTO ASSISO ALLA DESTRA DI QUELLA POTENZA SPIRITUALE CHE PURE NOI DESIDERIAMO RICEVERE. Rimanga finché tutti i suoi nemici, che si trovano in noi, diventino «sgabello dei suoi piedi» (Sal 98, 5), e così sia allontanato da noi ogni loro dominio, potere ed influsso. Tutto ciò può avvenire in ognuno di noi. Allora, alla fine, «l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte» (1 Cor 15, 26). Allora Cristo potrà dire anche dentro di noi: «Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1 Cor 15, 55; cfr. Os 13, 14). Fin d’ora perciò il nostro «corpo corruttibile» si rivesta di santità e di incorruttibilità; e ciò che è mortale cacci via la morte, si ricopra dell’immortalità del Padre (cfr. 1 Cor 15, 54). COSÌ REGNANDO DIO IN NOI, POSSIAMO GIÀ GODERE DEI BENI DELLA RIGENERAZIONE E DELLA RISURREZIONE.
LA PARTECIPAZIONE DEI MARTIRI ALLA VITTORIA DEL CRISTO CAPO
Dall’epistolario di san Paolo Le-Bao-Tinh agli alunni del Seminario di Ke-Vinh nel 1843.
IO, PAOLO, PRIGIONIERO PER IL NOME DI CRISTO, VOGLIO FARVI CONOSCERE LE TRIBOLAZIONI NELLE QUALI QUOTIDIANAMENTE SONO IMMERSO, perché infiammati dal divino amore, innalziate con me le vostre lodi a Dio: ETERNA È LA SUA MISERICORDIA (Sal 135, 3). Questo carcere è davvero un’immagine dell’inferno eterno: ai crudeli supplizi di ogni genere, come i ceppi, le catene di ferro, le funi, si aggiungono ODIO, VENDETTE, CALUNNIE, PAROLE OSCENE, FALSE ACCUSE, CATTIVERIE, GIURAMENTI INIQUI, MALEDIZIONI E INFINE ANGOSCIA E TRISTEZZA.
DIO, CHE LIBERÒ I TRE GIOVANI DALLA FORNACE ARDENTE, MI È SEMPRE VICINO; E HA LIBERATO ANCHE ME DA QUESTE TRIBOLAZIONI, TRASFORMANDOLE IN DOLCEZZA: ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
In mezzo a questi tormenti, che di solito piegano e spezzano gli altri, PER LA GRAZIA DI DIO SONO PIENO DI GIOIA E LETIZIA, PERCHÉ NON SONO SOLO, MA CRISTO È CON ME. Egli, nostro maestro, sostiene tutto il peso della croce, caricando su di me la minima e ultima parte: egli stesso combattente, non solo spettatore della mia lotta; vincitore e perfezionatore di ogni battaglia. Sul suo capo è posta la splendida corona di vittoria, a cui partecipano anche le membra.
Come sopportare questo orrendo spettacolo, vedendo ogni giorno imperatori, mandarini e i loro cortigiani, che bestemmiano il tuo santo nome, Signore, che siedi sui Cherubini (cfr. Sal 79, 2) e i Serafini?
Ecco, la tua croce è calpestata dai piedi dei pagani! Dov’è la tua gloria? Vedendo tutto questo preferisco, nell’ardore della tua carità, aver tagliate le membra e morire in testimonianza del tuo amore.
MOSTRAMI, SIGNORE, LA TUA POTENZA, VIENI IN MIO AIUTO E SALVAMI, PERCHÉ NELLA MIA DEBOLEZZA SI È MANIFESTATA E GLORIFICATA LA TUA FORZA DAVANTI ALLE GENTI; e i tuoi nemici non possono alzare orgogliosamente la testa, se io dovessi vacillare lungo il cammino. Fratelli carissimi, nell’udire queste cose, esultate e innalzate un perenne inno di grazie a Dio, fonte di ogni bene, e beneditelo con me: ETERNA È LA SUA MISERICORDIA. L’ANIMA MIA MAGNIFICHI IL SIGNORE E IL MIO SPIRITO ESULTI NEL MIO DIO, PERCHÉ HA GUARDATO L’UMILTÀ DEL SUO SERVO E D’ORA IN POI LE GENERAZIONI FUTURE MI CHIAMERANNO BEATO (CFR. LC 1, 46-48): ETERNA È LA SUA MISERICORDIA.
Lodate il Signore, popoli tutti; voi tutte, nazioni, dategli gloria (Sal 116, 1), poiché Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole, per confondere i forti; ciò che è spregevole, per confondere i potenti (cfr. 1 Cor 1, 27). Con la mia lingua e il mio intelletto ha confuso i filosofi, discepoli dei saggi di questo mondo: eterna è la sua misericordia.
VI SCRIVO TUTTO QUESTO, PERCHÉ LA VOSTRA E LA MIA FEDE FORMINO UNA COSA SOLA. MENTRE INFURIA LA TEMPESTA GETTO L’ÀNCORA FINO AL TRONO DI DIO: SPERANZA VIVA, CHE È NEL MIO CUORE.
E VOI, FRATELLI CARISSIMI, CORRETE IN MODO DA RAGGIUNGERE LA CORONA (CFR. 1 COR 9, 24); INDOSSATE LA CORAZZA DELLA FEDE (CFR. 1 TS 5, 8); BRANDITE LE ARMI DEL CRISTO, A DESTRA E A SINISTRA (CFR. 2 COR 6, 79), COME INSEGNA SAN PAOLO, MIO PATRONO. È BENE PER VOI ENTRARE NELLA VITA ZOPPICANTI O CON UN OCCHIO SOLO (CFR. MT 18, 8-9), PIUTTOSTO CHE ESSERE GETTATI FUORI CON TUTTE LE MEMBRA.
Venite in mio soccorso con le vostre preghiere, perché possa combattere secondo la legge, anzi sostenere sino alla fine la buona battaglia, per concludere felicemente la mia corsa (cfr. 2 Tm 4, 7).
SE NON CI VEDREMO PIÙ NELLA VITA PRESENTE, QUESTA SARÀ LA NOSTRA FELICITÀ NEL MONDO FUTURO: STAREMO DAVANTI AL TRONO DELL’AGNELLO IMMACOLATO E CANTEREMO UNANIMI LE SUE LODI ESULTANDO IN ETERNO NELLA GIOIA DELLA VITTORIA. AMEN.
San Giovanni Eudes, sacerdote
I MISTERI DI CRISTO E LA VITA DELLA CHIESA
NOI DOBBIAMO SVILUPPARE CONTINUAMENTE IN NOI E, IN FINE, COMPLETARE GLI STATI E I MISTERI DI GESÙ. DOBBIAMO POI PREGARLO CHE LI PORTI LUI STESSO A COMPIMENTO IN NOI E IN TUTTA LA SUA CHIESA.
Infatti i misteri di Gesù non hanno ancora raggiunto la loro totale perfezione e completezza. Essi sono certo completi e perfetti per quanto riguarda la persona di Gesù, NON LO SONO TUTTAVIA ANCORA IN NOI CHE SIAMO SUE MEMBRA, E NEMMENO NELLA SUA CHIESA, CHE È IL SUO CORPO MISTICO. IL FIGLIO DI DIO DESIDERA UNA CERTA PARTECIPAZIONE E COME UN’ESTENSIONE E CONTINUAZIONE IN NOI E IN TUTTA LA SUA CHIESA DEL MISTERO DELLA SUA INCARNAZIONE, DELLA SUA NASCITA, DELLA SUA INFANZIA, DELLA SUA VITA NASCOSTA. Lo fa prendendo forma in noi, nascendo nelle nostre anime per mezzo dei santi sacramenti del battesimo e della divina eucaristia. Lo compie facendoci vivere di una vita spirituale e interiore che sia nascosta con lui in Dio.
EGLI INTENDE RENDERE PERFETTI IN NOI I MISTERI DELLA SUA PASSIONE, DELLA SUA MORTE E DELLA SUA RISURREZIONE. LI ATTUA FACENDOCI SOFFRIRE, MORIRE E RISUSCITARE CON LUI E IN LUI. EGLI DESIDERA COMUNICARE A NOI LA CONDIZIONE GLORIOSA E IMMORTALE CHE EGLI POSSIEDE IN CIELO. OTTIENE QUESTO FINE FACENDOCI VIVERE CON LUI E IN LUI DI UNA VITA GLORIOSA E IMMORTALE. QUESTO LO FARÀ QUANDO LO AVREMO RAGGIUNTO IN CIELO. ALLO STESSO MODO EGLI SI RIPROMETTE DI REALIZZARE IN NOI E NELLA SUA CHIESA TUTTI GLI ALTRI SUOI STATI E MISTERI. A CIÒ PERVIENE ATTRAVERSO QUANTO CI COMUNICA E CI PARTECIPA. SAN PAOLO DICE CHE IL CRISTO CRESCE E GIUNGE ALLA SUA MATURITÀ NELLA CHIESA E CHE NOI CONTRIBUIAMO A QUESTO PROCESSO DI SVILUPPO. NOI EFFETTIVAMENTE COOPERIAMO A CREARE L’UOMO PERFETTO E A PORTARE A PIENA MATURITÀ IL CRISTO (CFR. EF 4, 13). IN QUESTO SENSO SI CAPISCE BENE L’APOSTOLO QUANDO AFFERMA CHE COMPLETA NELLA SUA CARNE QUELLO CHE MANCA AI PATIMENTI DI CRISTO (CFR. COL 1, 24). E COME LA PERFEZIONE DEI SANTI NON ARRIVA AL SUO CULMINE SE NON ALLA FINE DEL TEMPO STABILITO DA DIO, COSÌ I MISTERI DI GESÙ NON RAGGIUNGERANNO IL GRADO ULTIMO E ASSOLUTO DELLA LORO AZIONE DI SALVEZZA NEI SINGOLI E NELLA CHIESA SE NON ALLA FINE DEL MONDO. SOLO NEL GIORNO DEL GIUDIZIO UNIVERSALE IL CORPO MISTICO ARRIVERÀ ALLA SUA ETÀ PERFETTA.
CANTATE A DIO CON ARTE NEL GIUBILO
sant’Agostino, vescovo
«Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate. Cantate al Signore un canto nuovo!» (Sal 32, 2. 3). Spogliatevi di ciò che è vecchio ormai; avete conosciuto il nuovo canto. UN UOMO NUOVO, UN TESTAMENTO NUOVO, UN CANTO NUOVO. IL NUOVO CANTO NON SI ADDICE AD UOMINI VECCHI. Non lo imparano se non gli uomini nuovi, uomini rinnovati, per mezzo della grazia, da ciò che era vecchio, uomini appartenenti ormai al nuovo testamento, che è il regno dei cieli. TUTTO IL NOSTRO AMORE AD ESSO SOSPIRA E CANTA UN CANTO NUOVO. ELEVI PERÒ UN CANTO NUOVO NON CON LA LINGUA, MA CON LA VITA.
Cantate a lui un canto nuovo, cantate a lui con arte (cfr. Sal 32,3). Ciascuno si domanda come cantare a Dio. DEVI CANTARE A LUI, MA NON IN MODO STONATO. NON VUOLE CHE SIANO OFFESE LE SUE ORECCHIE. CANTATE CON ARTE, O FRATELLI. Quando, davanti a un buon intenditore di musica, ti si dice: Canta in modo da piacergli; tu, privo di preparazione nell’arte musicale, vieni preso da trepidazione nel cantare, perché non vorresti dispiacere al musicista; infatti quello che sfugge al profano, viene notato e criticato da un intenditore dell’arte. Orbene, chi oserebbe presentarsi a cantare con arte a Dio, che sa ben giudicare il cantore, che esamina con esattezza ogni cosa e che tutto ascolta così bene? Come potresti mostrare un’abilità così perfetta nel canto, da non offendere in nulla orecchie così perfette?
Ecco egli ti dà quasi il tono della melodia da cantare: NON ANDARE IN CERCA DELLE PAROLE, COME SE TU POTESSI TRADURRE IN SUONI ARTICOLATI UN CANTO DI CUI DIO SI DILETTI. CANTA NEL GIUBILO. Cantare con arte a Dio consiste proprio in questo: Cantare nel giubilo. Che cosa significa cantare nel giubilo? COMPRENDERE E NON SAPER SPIEGARE A PAROLE CIÒ CHE SI CANTA COL CUORE. COLORO INFATTI CHE CANTANO SIA DURANTE LA MIETITURA, SIA DURANTE LA VENDEMMIA, SIA DURANTE QUALCHE LAVORO INTENSO, PRIMA AVVERTONO IL PIACERE, SUSCITATO DALLE PAROLE DEI CANTI, MA, IN SEGUITO, QUANDO L’EMOZIONE CRESCE, SENTONO CHE NON POSSONO PIÙ ESPRIMERLA IN PAROLE E ALLORA SI SFOGANO IN SOLA MODULAZIONE DI NOTE. QUESTO CANTO LO CHIAMIAMO «GIUBILO».
Il giubilo è quella melodia, con la quale il cuore effonde quanto non gli riesce di esprimere a parole. E verso chi è più giusto elevare questo canto di giubilo, se non verso l’ineffabile Dio? Infatti è ineffabile colui che tu non puoi esprimere. E SE NON LO PUOI ESPRIMERE, E D’ALTRA PARTE NON PUOI TACERLO, CHE COSA TI RIMANE SE NON «GIUBILARE»? ALLORA IL CUORE SI APRIRÀ ALLA GIOIA, SENZA SERVIRSI DI PAROLE, E LA GRANDEZZA STRAORDINARIA DELLA GIOIA NON CONOSCERÀ I LIMITI DELLE SILLABE. CANTATE A LUI CON ARTE NEL GIUBILO (cfr. Sal 32, 3).
Ermes Ronchi – La morte
è quando il corso del fiume, prima limitato, prima costretto tra due sponde, si libera invece nella immensità. Dilaga nell’infinito. Il fiume raggiunge la sua meta: noi raggiungiamo quella nostra condizione perduta, raggiungiamo il contatto amoroso con la vita senza cui non saremmo venuti al mondo. Dove saremo solo una goccia di vita nel mare della vita. E se non saremo più questa goccia d’acqua con questa forma, saremo però sempre l’acqua di questa goccia, l’acqua di questa mia vita non si perderà più. La nostra esperienza sostiene che tutto va dalla vita verso la morte, la fede dichiara che tutto va da morte a vita, che l’evidenza della morte è una illusione. Dal santuario di Dio che è la terra, e dove nessun uomo può restare a vivere, le porte della morte conducono verso l’esterno: Ma su cosa si aprono i battenti di questa porta? Non lo sai ?Si aprono sulla vita! (Ermes Ronchi)
FOGLIA APPASSITA
Ogni fiore vuol diventare frutto,
ogni mattino …sera,
di eterno sulla terra non vi è
che il mutamento, che il transitorio.
Anche l’estate più bella
vuole sentire l’autunno e la sfioritura.
Foglia, fermati paziente,
quando il vento ti vuole rapire.
Fai la tua parte e “non difenderti”,
lascia che “avvenga …IN SILENZIO”.
Lascia che “il vento” che TI SPEZZA
“ti sospinga verso …CASA”.
– Hermann Hesse
Sant’Andrea di Creta, vescovo
Venite, e saliamo insieme sul monte degli Ulivi, e andiamo incontro a Cristo che oggi ritorna da Betània e si avvicina spontaneamente alla venerabile e beata passione, per compiere il mistero della nostra salvezza.
1. Viene di sua spontanea volontà verso Gerusalemme. Corriamo anche noi insieme a colui che si affretta verso la passione, e imitiamo coloro che gli andarono incontro. NON PERÒ PER STENDERE DAVANTI A LUI LUNGO IL SUO CAMMINO RAMI D’OLIVO O DI PALME, TAPPETI O ALTRE COSE DEL GENERE, MA COME PER STENDERE IN UMILE PROSTRAZIONE E IN PROFONDA ADORAZIONE DINANZI AI SUOI PIEDI LE NOSTRE PERSONE.
2. STENDIAMO, DUNQUE, UMILMENTE INNANZI A CRISTO NOI STESSI, PIUTTOSTO CHE LE TUNICHE O I RAMI INANIMATI e le verdi fronde che rallegrano gli occhi solo per poche ore e sono destinate a perdere, con la linfa, anche il loro verde.
3. STENDIAMO NOI STESSI RIVESTITI DELLA SUA GRAZIA, O MEGLIO, DI TUTTO LUI STESSO POICHÉ QUANTI SIAMO STATI BATTEZZATI IN CRISTO, CI SIAMO RIVESTITI DI CRISTO (CFR. GAL 3, 27) E PROSTRIAMOCI AI SUOI PIEDI COME TUNICHE DISTESE.
4. Per il peccato eravamo prima rossi come scarlatto, poi in virtù del lavacro battesimale della salvezza, SIAMO ARRIVATI AL CANDORE DELLA LANA PER POTER OFFRIRE AL VINCITORE DELLA MORTE NON PIÙ SEMPLICI RAMI DI PALMA, MA TROFEI DI VITTORIA. AGITANDO I RAMI SPIRITUALI DELL’ANIMA, ANCHE NOI OGNI GIORNO, ASSIEME AI FANCIULLI, ACCLAMIAMO SANTAMENTE:«BENEDETTO COLUI CHE VIENE NEL NOME DEL SIGNORE, IL RE D’ISRAELE».
…ANDREA IL “LOTTATORE” COME SI DEFINISCE LUI, E’ UN GRANDE! LA FEDE , GRANDE DONO ,. PORTA A QUESTI TRAGUARDI CON LA MORTE NEL CUORE, MA LA CAPACITA’ DI ANDARE OLTRE LE ROCCE DELLA SOFFERENZA, QUASI…..SENZA PAURA. AIUTIAMO QUESTA CREATURA SPECIALE E ACCOMPAGNIAMOLO CON LA NOSTRA PREGHIERA. GRAZIE ANDREA PER L’ESEMPIO DI GENEROSITA’ CHE DAI A CIASCUNO DI NOI. TI VOGLIAMO BENE.
san Fulgenzio di Ruspe, vescovo
CHI VINCERÀ NON SARÀ COLPITO DALLA SECONDA MORTE
«IN UN ISTANTE, IN UN BATTER D’OCCHIO, AL SUONO DELL’ULTIMA TROMBA; SUONERÀ INFATTI LA TROMBA E I MORTI RISORGERANNO INCORROTTI E NOI SAREMO TRASFORMATI» (1 Cor 15, 52). Quando dice «noi» Paolo mostra che con lui conquisteranno il dono della futura trasformazione coloro che insieme a lui e ai suoi compagni vivono nella comunione ecclesiale e nella vita santa. Spiega poi la qualità di tale trasformazione dicendo: «È NECESSARIO INFATTI CHE QUESTO CORPO CORRUTTIBILE SI VESTA DI INCORRUTTIBILITÀ E CHE QUESTO CORPO MORTALE SI VESTA DI IMMORTALITÀ» (1 COR 15, 53). In costoro allora seguirà la trasformazione dovuta come giusta ricompensa a una precedente rigenerazione compiuta con atto spontaneo e generoso del fedele. Perciò si promette il premio della rinascita futura a coloro che durante la vita presente sono passati dal male al bene.
LA GRAZIA PRIMA OPERA, COME DONO DIVINO, IL RINNOVAMENTO DI UNA RISURREZIONE SPIRITUALE MEDIANTE LA GIUSTIFICAZIONE INTERIORE. VERRÀ POI LA RISURREZIONE CORPORALE CHE PERFEZIONERÀ LA CONDIZIONE DEI GIUSTIFICATI. L’ULTIMA TRASFORMAZIONE SARÀ COSTITUITA DALLA GLORIA. MA QUESTA MUTAZIONE SARÀ DEFINITIVA ED ETERNA.
Proprio per questo i fedeli passano attraverso le successive trasformazioni della giustificazione, della risurrezione e della glorificazione, perché questa resti immutabile per l’eternità.
LA PRIMA METAMORFOSI AVVIENE QUAGGIÙ MEDIANTE L’ILLUMINAZIONE E LA CONVERSIONE, CIOÈ COL PASSAGGIO DALLA MORTE ALLA VITA, DAL PECCATO ALLA GIUSTIZIA, DALLA INFEDELTÀ ALLA FEDE, DALLE CATTIVE AZIONI AD UNA SANTA CONDOTTA. COLORO CHE RISUSCITANO CON QUESTA RISURREZIONE NON SUBISCONO LA SECONDA MORTE. DI QUESTI NELL’APOCALISSE È DETTO: «BEATI E SANTI COLORO CHE PRENDON PARTE ALLA PRIMA RISURREZIONE. SU DI LORO NON HA POTERE LA SECONDA MORTE» (AP 20, 6).
Nel medesimo libro si dice anche: «Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte» (Ap 2, 11). Dunque, come la prima risurrezione consiste nella conversione del cuore, così la seconda morte sta nel supplizio eterno. PERTANTO CHI NON VUOL ESSER CONDANNATO CON LA PUNIZIONE ETERNA DELLA SECONDA MORTE S’AFFRETTI QUAGGIÙ A DIVENTARE PARTECIPE DELLA PRIMA RISURREZIONE. SE QUALCUNO INFATTI DURANTE LA VITA PRESENTE, TRASFORMATO DAL TIMORE DI DIO, SI CONVERTE DA UNA VITA CATTIVA A UNA VITA BUONA, PASSA DALLA MORTE ALLA VITA E IN SEGUITO SARÀ ANCHE TRASFORMATO DAL DISONORE ALLA GLORIA.
ANDREA, PAPÀ… «Un libro per mia figlia, così saprà di me» 13 novembre 2018 L’uomo, malato terminale a 33 anni, si racconta alla piccola Giulia: «Ho pensato che, se le scrivo, quando sentirà la mia mancanza potrà sfogliare queste pagine e farsi forza» ***
«Nessuno merita un tumore incurabile a 33 anni. Io mi meritavo la possibilità di crescere ed educare la mia piccola Giulia, portarla al primo giorno di scuola, prepararle il suo cibo preferito con amore, fare un viaggio da solo con lei. Mi meritavo di lasciarle un ricordo reale di me. Forse non ce la farò, ma lotterò e mi impegnerò al massimo come ho sempre fatto, per fare qualcosa di buono nel tempo che Dio mi ha riservato». Andrea Bizzotto è un lottatore e un amante. Ama la vita, la moglie Maria, la sua famiglia d’origine, rimasta a Cittadella (Padova) quando lui ha trovato l’amore della sua vita a Witten, a pochi chilometri da Dortmund. Qui lo aveva portato la sua passione per il gelato artigianale, lui che pure è un ingegnere industriale. E qui 18 mesi fa è nata Giulia Grace, sua figlia, ciò che più ama al mondo. «Ho deciso di scrivere per lei un libro su di me ad aprile 2018, dopo l’operazione chirurgica al torace… Sono andato a pianificare le chemioterapie con il mio oncologo. Mi ha detto che non poteva guarirmi e sarei potuto sopravvivere pochi mesi. Io amo la mia bambina e ho pensato che quando sentirà la mia mancanza potrà sfogliare quel libro, Ho preparato delle lettere per ogni compleanno fino al 19esimo. Il cancer fighter, il “lottatore di cancro” come si definisce, ha deciso di rendere nota la sua battaglia contro il sarcoma al quarto stadio alcuni mesi fa. «Viviamo tutto alla giornata», ci racconta dal suo letto d’ospedale: oggi Andrea sarà dimesso e tornerà a casa dopo due mesi. «Non vedo l’ora di risentire la voce di mia figlia, quando chiama il mio nome e vuole le mie attenzioni. Questo per me è tutto. Forse non potrò giocare con lei o prenderla in braccio perché sono debole, ma potrò dirle “brava” quando impara qualcosa di nuovo. Non voglio più perdere questi momenti, restando in ospedale, anche se ringrazio tutti i medici per avermi salvato ». Ma da ora in poi solo famiglia. A casa sarà seguito da un team di medici esperti in medicina palliativa. Attraverso il suo libro, Giulia Grace imparerà ad «essere onesta, ascoltare il suo corpo e non maltrattarlo, seguire i suoi sogni, rispettare le persone, imparare a suonare o cantare, avere stima in se stessa e non avere paura del giudizio della gente». Accanto a lei, in cielo, il più coraggioso degli angeli custodi.
Sant’Agostino, vescovo IL SIGNORE VIENE A GIUDICARE LA TERRA
«ALLORA SI RALLEGRERANNO GLI ALBERI DELLA FORESTA DAVANTI AL SIGNORE CHE VIENE, PERCHÉ VIENE A GIUDICARE LA TERRA» (Sal 95). Venne una prima volta, e verrà ancora in futuro. Non poniamoci contro la prima venuta per non dover poi temere la seconda. CHE COSA DEVE FARE DUNQUE IL CRISTIANO? Servirsi del mondo, non farsi schiavo del mondo. Che significa ciò? Vuol dire avere, ma come se non avesse. Così dice, infatti, l’Apostolo: «DEL RESTO, O FRATELLI, IL TEMPO ORMAI SI È FATTO BREVE: D’ORA INNANZI QUELLI CHE HANNO MOGLIE VIVANO COME SE NON L’AVESSERO; COLORO CHE PIANGONO, COME SE NON PIANGESSERO; E QUELLI CHE GODONO, COME SE NON GODESSERO; QUELLI CHE COMPRANO, COME SE NON POSSEDESSERO; QUELLI CHE USANO DEL MONDO, COME SE NON NE USASSERO, PERCHÉ PASSA LA SCENA DI QUESTO MONDO. IO VORREI VEDERVI SENZA PREOCCUPAZIONI» (1 COR 7, 29-32).
Chi è senza preoccupazione, aspetta tranquillo l’arrivo del suo Signore. INFATTI CHE SORTA DI AMORE PER CRISTO SAREBBE IL TEMERE CHE EGLI VENGA? FRATELLI, NON CI VERGOGNIAMO? LO AMIAMO E TEMIAMO CHE EGLI VENGA! MA LO AMIAMO DAVVERO O AMIAMO DI PIÙ I NOSTRI PECCATI? Ci si impone perentoriamente la scelta. Se vogliamo davvero amare colui che deve venire per punire i peccati, dobbiamo odiare cordialmente tutto il mondo del peccato.
LO VOGLIAMO O NO, EGLI VERRÀ. «GIUDICHERÀ IL MONDO CON GIUSTIZIA E CON VERITÀ TUTTE LE GENTI» (SAL 95, 13). O FORSE PERCHÉ TU SEI INGIUSTO, IL GIUDICE NON SARÀ GIUSTO? O FORSE PERCHÉ TU SEI BUGIARDO, LA VERITÀ NON DIRÀ CIÒ CHE È VERO? MA SE VUOI INCONTRARE IL GIUDICE MISERICORDIOSO, SII ANCHE TU MISERICORDIOSO PRIMA CHE EGLI GIUNGA. PERDONA SE QUALCUNO TI HA OFFESO, ELARGISCI IL SUPERFLUO. E DA CHI PROVIENE QUELLO CHE DONI, SE NON DA LUI? SE TU DESSI DEL TUO SAREBBE UN’ELEMOSINA, MA POICHÉ DAI DEL SUO, NON È CHE UNA RESTITUZIONE! «CHE COSA MAI POSSIEDI CHE TU NON ABBIA RICEVUTO?» (1 COR 4, 7).
Queste sono le offerte più gradite a Dio: LA MISERICORDIA, L’UMILTÀ, LA CONFESSIONE, LA PACE, LA CARITÀ. SONO QUESTE LE COSE CHE DOBBIAMO PORTARE CON NOI E ALLORA ATTENDEREMO CON SICUREZZA LA VENUTA DEL GIUDICE IL QUALE «GIUDICHERÀ IL MONDO CON GIUSTIZIA E CON VERITÀ TUTTE LE GENTI» (Sal 95, 13).
COSCIENZA DIGITALE
Ho letto un’articolo allarmante, inquietante, almeno per me, su DOVE LA “TECNOLOGIA” è IN GRADO DI ARRIVARE… QUANDO L’UOMO LA “USA” A TUTTI I COSTI… ed è capace di creare “COSCIENZE…DIGITALI” e sfondare violentando persino il confine tra il reale e il virtuale, PROFANANDO PERSINO LA MORTE’… Leggo:
“…l’dea del ricercatore è quella di creare un’app basata sull’acquisizione di informazioni che il DEFUNTO ha lasciato durante il proprio passaggio nel mondo digitale, dati che “l’intelligenza artificiale” andrà ad analizzare, fra contenuti emozionali e semantici, CREANDO UNA “PERSONALITà” sotto forma di chatbot, assistente vocale, ologramma o persino da inserire in un robot umanoide, capace di interagire con i cari del defunto. Sarà inoltre possibile, per chi ne sarà interessato, partecipare alla creazione della propria copia digitale in maniera più attiva, così da fornirne gli elementi decisivi con test ed altre informazioni. L’applicazione creerà una “copia della nostra anima” che verrà inserita online e con la quale chiunque ci ha conosciuto in vita potrà interagire…ecc”.
L’uomo quando usa LA PROPRIA INTELLIGENZA IN MODO ORRENDO è capace di tutto, anche di creare “COSCIENZE…ONLINE”!
ELISABETTA AMÒ CRISTO NEI POVERI
Dalla «Lettera» scritta da Corrado di Marburgo, direttore spirituale di santa Elisabetta
Elisabetta incominciò presto a distinguersi in virtù e santità di vita. Ella aveva sempre consolato i poveri, MA DA QUANDO FECE COSTRUIRE UN OSPEDALE PRESSO UN SUO CASTELLO, E VI RACCOLSE MALATI DI OGNI GENERE, DA ALLORA SI DEDICÒ INTERAMENTE ALLA CURA DEI BISOGNOSI.
Distribuiva con larghezza i doni della sua beneficenza non solo a coloro che ne facevano domanda presso il suo ospedale, ma in tutti i territori dipendenti da suo marito. Arrivò al punto da erogare in beneficenza i proventi dei quattro principati di suo marito e da vendere oggetti di valore e vesti preziose per distribuirne il prezzo ai poveri.
AVEVA PRESO L’ABITUDINE DI VISITARE TUTTI I SUOI MALATI PERSONALMENTE, DUE VOLTE AL GIORNO, AL MATTINO E ALLA SERA. SI PRESE CURA DIRETTA DEI PIÙ RIPUGNANTI. Nutrì alcuni, ad altri procurò un letto, altri portò sulle proprie spalle, prodigandosi sempre in ogni attività di bene, senza mettersi tuttavia per questo in contrasto con suo marito.
DOPO LA MORTE DI LUI, TENDENDO ALLA PIÙ ALTA PERFEZIONE, MI DOMANDÒ CON MOLTE LACRIME CHE LE PERMETTESSI DI CHIEDERE L’ELEMOSINA DI PORTA IN PORTA.
Un Venerdì santo, quando gli altari sono spogli, poste le mani sull’altare in una cappella del suo castello, dove aveva accolto i Frati Minori, alla presenza di alcuni intimi, rinunziò alla propria volontà, a tutte le vanità del mondo e a tutto quello che nel vangelo il Salvatore ha consigliato di lasciare. Affermo davanti a Dio che raramente ho visto una donna così contemplativa come Elisabetta, che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose constatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, EMANAVA DAL VOLTO UN MIRABILE SPLENDORE E CHE DAI SUOI OCCHI USCIVANO COME DEI RAGGI DI SOLE.
Prima della morte ne ascoltai la confessione e le domandai cosa si dovesse fare dei suoi averi e delle suppellettili. MI RISPOSE CHE QUANTO SEMBRAVA SUA PROPRIETÀ ERA TUTTO DEI POVERI E MI PREGÒ DI DISTRIBUIRE LORO OGNI COSA, ECCETTO UNA TUNICA DI NESSUN VALORE DI CUI ERA RIVESTITA, E NELLA QUALE VOLLE ESSERE SEPPELLITA. FATTO QUESTO, RICEVETTE IL CORPO DEL SIGNORE. POI, FINO A SERA, SPESSO RITORNAVA SU TUTTE LE COSE BELLE CHE AVEVA SENTITO NELLA PREDICAZIONE. INFINE RACCOMANDÒ A DIO, CON GRANDISSIMA DEVOZIONE, TUTTI COLORO CHE LE STAVANO DINTORNO, E SPIRÒ COME ADDORMENTANDOSI DOLCEMENTE.
Francesco Criscuolo è un ragazzo asperger-autistico, arrivato alla fine della scuola superiore; invitato con perentoria dolcezza dalla mamma (che forza!) legge una lettera di gratitudine per i compagni, gli insegnanti e la scuola intera. Guardate la commozione dell’insegnante Michele Vozzella.
“Adesso piano piano, ad alta voce, lentamente”, e Francesco inizia, conquistando parola per parola la lettera scritta da lui stesso.
Per chi soffre di “disturbi dello spettro autistico” spesso la possibilità di poter parlare è impresa ardua, per alcuni impossibile.
“Sono passati setti anni e oggi termino il mio percorso scolastico. Qui ho imparato tante cose e ho conosciuto tante persone e sono molto dispiaciuto che tutto finisca. Voglio ringraziare il mio professore Michele e tutti i compagni di classe che mi hanno capito e voluto bene per quello che sono, e con sogni del futuro. Grazie ai miei compagni sono diventato più autonomo e non ho paura di affezionarmi alle persone, in questo mondo tanto cattivo e complicato per quelli come me, (commozione della mamma e un “Bravo!”). L’asperger-autismo non è contagioso, noi abbiamo bisogno di amore speciale e integrazione. Socializzare vuol dire essere, esistere ed è quello che la scuola ha fatto per me.
Rimanete nel mio cuore per sempre, Francesco.”
LA CHIESA VIVA È CORPO DI CRISTO
Dice il Signore: GUAI A COLUI A CAUSA DEL QUALE IL MIO NOME VIENE BESTEMMIATO (cfr. Rm 2, 24). MA PERCHÉ VIENE BESTEMMIATO? PERCHÉ NOI NON METTIAMO IN PRATICA CIÒ CHE INSEGNIAMO. INFATTI LA GENTE, SENTENDO DALLA NOSTRA BOCCA LE PAROLE DI DIO, NE RESTA STUPITA, PERCHÉ QUELLE PAROLE SONO BUONE, SONO STUPENDE. MA POI, NOTANDO CHE LE NOSTRE AZIONI NON CORRISPONDONO ALLE PAROLE CHE DICIAMO, ECCO CHE PROROMPONO IN BESTEMMIE, AFFERMANDO CHE TUTTO CIÒ NON È CHE UNA FAVOLA E UNA SERIE DI INGANNI.
Sentono da noi ciò che dice Dio: Non è per voi un merito, se amate quelli che amano voi; MERITO LO AVETE SE AMATE I VOSTRI NEMICI E COLORO CHE VI ODIANO (CFR. MT 5, 46). UDENDO CIÒ, AMMIRANO LA NOBILTÀ DI TANTO AMORE. MA VEDONO POI CHE NOI, NON SOLTANTO NON AMIAMO QUELLI CHE CI ODIANO, MA NEMMENO QUELLI CHE CI VOGLIONO BENE. ALLORA SI FANNO BEFFE DI NOI E COSÌ IL NOME DI DIO È BESTEMMIATO. Fratelli, compiamo la volontà di Dio, Padre nostro, e faremo parte di QUELLA CHIESA SPIRITUALE CHE FU CREATA PRIMA ANCORA DEL SOLE E DELLA LUNA. MA SE NON FAREMO LA VOLONTÀ DEL SIGNORE, SARÀ PER NOI QUELL’AFFERMAZIONE DELLA SCRITTURA CHE DICE: LA MIA CASA È DIVENTATA UNA SPELONCA DI LADRI (cfr. Ger 7, 11; Mt 21, 13). Perciò facciamo la nostra scelta, cerchiamo di appartenere alla Chiesa della vita, per essere salvi. Penso che SAPPIATE CHE LA CHIESA VIVA «È CORPO DI CRISTO» (1 Cor 12, 27). Ecco perché la Scrittura dice: «Dio creò l’uomo maschio e femmina» (Gn 1, 27; 5, 2). L’UNO È CRISTO, L’ALTRA È LA CHIESA. Del resto anche la Scrittura e gli apostoli affermano che la Chiesa non ha avuto origine in questo tempo, ma è da sempre, PERCHÉ È SPIRITUALE, COME IL NOSTRO GESÙ; MA SI È MANIFESTATA IN QUESTI ULTIMI TEMPI PER DARE A NOI LA SALVEZZA.
BENEDIZIONE
La strada vi venga sempre dinanzi
e il vento vi soffi alle spalle
e la rugiada bagni sempre l’erba
su cui poggiate i passi.
E il sorriso brilli sempre
sul vostro volto.
E il pianto che spunta
sui vostri occhi
sia solo pianto di felicità.
E qualora dovesse trattarsi
di lacrime di amarezza e di dolore,
ci sia sempre qualcuno
pronto ad asciugarvele.
Il sole entri a brillare
PREPOTENTEMENTE nella vostra casa,
a portare tanta luce,
tanta speranza e tanto calore.
—Don TONINO Bello—
Diario di un feto
5 ottobre: OGGI, LA MIA VITA E’ INCOMINCIATA!
Il babbo e la mamma non lo sanno ancora. Io sono più piccolo di una capocchia di spillo, EPPURE SONO GIA’ UN ESSERE INDIPENDENTE; TUTTE LE MIE CARATTERISTICHE, FISICHE E PSICOLOGICHE, SONO GIA’ FISSATE! Ad esempio io avrò gli occhi del babbo e i capelli biondi e mossi della mamma. Ed anche un’altra cosa E’ GIA’ STABILITA: IO SARO’ UNA BAMBINA.
19 ottobre: IL MIO PRIMO SANGUE, LE MIE VENE APPAIONO. Però i miei organi non sono ancora completamente formati ed allora la mia mamma mi deve sostenere con il suo sangue e con la sua energia vitale.
23 ottobre: LA MIA BOCCA SI APRE. ENTRO UN ANNO POTRO’ GIA’ RIDERE, quando i mie genitori SI CHINERANNO SUL MIO LETTINO.. Ho deciso, LA MIA PRIMA PAROLA SARA’: “MAMMA”.
P.S. Chi è quel matto che dice che io non sono ancora un essere umano?
25 ottobre: IL MIO CUORE HA COMINCIATO A BATTERE. Non si fermerà più, senza riposare, fino alla fine della mia vita.: QUESTO E’ PROPRIO UN GRANDE MIRACOLO!
2 novembre: LE MIE BRACCIA E LE MIE GAMBE COMINCIANO A CRESCERE. E cresceranno fino a che non saranno COMPLETAMENTE FORMATE.
12 novembre: ADESSO… NELLE MIE MANI STANNO SPUNTANDO LE DITA E LE UNGHIETTE. Con esse parteciperò alle fatiche degli uomini.
20 novembre: OGGI, PER LA PRIMA VOLTA, MIA MADRE HA SAPUTO CHE MI PORTA IN SENO.
Chissà QUANTO è GRANDE LA SUA GIOIA!!
25 novembre: adesso …GIA’ SI POTREBBE VEDERE…CHE SONO UNA BAMBINA.
Certamente I MIEI GENITORI STANNO GIA’ PENSANDO A COME…MI DOVRO’ CHIAMARE. Potessi già saperlo!!!
28 novembre: TUTTI I MIEI ORGANI SONO GIA’ COMPLETAMENTE FORMATI! Io sono molto cresciuta.
12 dicembre: MI STANNO CRESCENDO ANCHE CAPELLI E CIGLIA.
Chissà COME SARA’ CONTENTA LA MAMMA…DELLA SUA PICCOLA!
13 dicembre: PRESTO POTRO’ VEDERE. Però I MIEI OCCHI SONO ANCORA”CUCITI CON UN FILO”.
LUCE, COLORI, FIORI… DEVE ESSERE MAGNIFICO!
SOPRATTUTTO MI RIEMPIE DI GIOIA IL PENSIERO CHE POTRO’ VEDERE LA MIA MAMMA!
Oh se non ci fosse tanto da aspettare. Ancora più di sei mesi!
24 dicembre: IL MIO CUORE E’ ORMAI PERFETTO.
Ci devono essere bambini che vengono al mondo con un cuore malato. In questo caso bisogna affrontare terribili pene per salvarli con una operazione.
Grazie a Dio il mio cuore è sano, io sarò una bambina piena di forza e di vita.
TUTTI SARANNO FELICI DELLA MIA NASCITA!!
28 dicembre: OGGI, “MIA MADRE” MI HA … ABORTITA!!
LA CONVERSIONE SINCERA
FINCHÉ VIVIAMO IN QUESTO MONDO, FACCIAMO PENITENZA. IN REALTÀ NOI NON SIAMO CHE UN POCO DI FANGO TRA LE MANI DI CHI LO PLASMA. SE UN VASAIO, CHE LAVORA UN PEZZO DI CRETA PER RICAVARNE UN VASO, VEDE CHE QUESTO GLI ESCE SFORMATO O CHE GLI SI SPEZZA TRA LE MANI, LO IMPASTA DI NUOVO. Se invece pensa di metterlo nella fornace lo lascia com’è. Anche nella nostra esistenza c’è una situazione nella quale è possibile un rifacimento in meglio, e un’altra nella quale non lo è più. INFATTI DURANTE LA VITA TERRENA NOI ABBIAMO TEMPO E MODO DI FAR PENITENZA DEI NOSTRI PECCATI E COSÌ OTTENERE LA SALVEZZA DAL SIGNORE.
Usciti che saremo da questo mondo, non potremo più convertirci né espiare il male commesso. PERCIÒ, FRATELLI, COMPIAMO LA VOLONTÀ DEL PADRE, CONSERVIAMO CASTO IL NOSTRO CORPO E OSSERVIAMO I COMANDAMENTI DEL SIGNORE, E COSÌ RAGGIUNGEREMO LA VITA ETERNA. Per questo dice il Signore nel vangelo: Se non sarete stati fedeli nel poco, chi vi affiderà il molto? Perciò vi dico: Chi è fedele nel poco è fedele anche nel molto (cfr. Lc 16, 10-11). Vuol dire questo: conservate casto il corpo e immacolato il carattere del cristiano per essere degni di riprendere la vita.
E nessuno di voi osi affermare che questo corpo non sarà glorificato e non risorgerà. Riflettete un poco: in quale situazione siete stati redenti e avete ricevuto la vita spirituale, se non mentre vivevate in questo corpo? Ecco perché dobbiamo custodire il corpo come un tempio di Dio. Ma poiché siete stati chiamati nel corpo, così nel corpo verrete anche giudicati. Se Cristo Signore, che ci ha salvati, volle prendere figura umana, mentre prima era solo spirito, e così ci ha chiamati a sé, anche noi riceveremo la nostra mercede in questo corpo. AMIAMOCI DUNQUE GLI UNI GLI ALTRI, PER GIUNGERE TUTTI NEL REGNO DI DIO. FINCHÉ ABBIAMO TEMPO PER GUARIRE, AFFIDIAMOCI A DIO, NOSTRO MEDICO, E CONSEGNIAMO NELLE SUE MANI I NOSTRI POCHI MERITI. QUALI MERITI? QUELLI CHE SI ACQUISTANO MEDIANTE LA PENITENZA FATTA CON CUORE SINCERO. EGLI CONOSCE OGNI COSA PRIMA CHE AVVENGA E NULLA GLI SFUGGE DI TUTTO CIÒ CHE SI AGITA NEL NOSTRO CUORE. DIAMOGLI LODE, DUNQUE, NON SOLO CON LA BOCCA, MA ANCHE COL CUORE, PERCHÉ CI POSSA RICEVERE COME FIGLI. PER QUESTO IL SIGNORE DISSE: MIEI FRATELLI SONO COLORO CHE FANNO LA VOLONTÀ DEL PADRE MIO (CFR. LC 8, 21, ECC.).
Dall’«Omelia» di un autore del secondo secolo
CRISTO VOLLE SALVARE TUTTO CIÒ CHE ANDAVA IN ROVINA
FRATELLI, RAVVIVIAMO LA NOSTRA FEDE IN GESÙ CRISTO, VERO DIO, GIUDICE DEI VIVI E DEI MORTI, E RENDIAMOCI CONSAPEVOLI DELL’ESTREMA IMPORTANZA DELLA NOSTRA SALVEZZA. SE NOI SVALUTIAMO QUESTE GRANDI REALTÀ FACCIAMO MALE E SCANDALIZZIAMO QUELLI CHE CI SENTONO E MOSTRIAMO DI NON CONOSCERE LA NOSTRA VOCAZIONE NÉ CHI CI ABBIA CHIAMATI NÉ PER QUAL FINE LO ABBIA FATTO E NEPPURE QUANTE SOFFERENZE GESÙ CRISTO ABBIA SOSTENUTO PER NOI.
E quale contraccambio potremo noi dargli o quale frutto degno di quello che egli stesso diede a noi? E di quanti benefici non gli siamo noi debitori? Egli ci ha donato l’esistenza, ci ha chiamati figli proprio come un padre, ci ha salvati mentre andavamo in rovina. Quale lode dunque, quale contraccambio potremo dargli per ricompensarlo di quanto abbiamo ricevuto? NOI ERAVAMO FUORVIATI DI MENTE, ADORAVAMO PIETRE E LEGNO, ORO, ARGENTO E RAME LAVORATO DALL’UOMO. TUTTA LA NOSTRA VITA NON ERA CHE MORTE! MA MENTRE ERAVAMO AVVOLTI DALLE TENEBRE, PUR CONSERVANDO IN PIENO IL SENSO DELLA VISTA, ABBIAMO RIACQUISTATO L’USO DEGLI OCCHI, DEPONENDO, PER SUA GRAZIA, QUEL FITTO VELO CHE LI RICOPRIVA.
In realtà, scorgendo in noi non altro che errori e rovine e l’assenza di qualunque speranza di salvezza, se non di quella che veniva da lui, EBBE PIETÀ DI NOI E, NELLA SUA GRANDE MISERICORDIA, CI DONÒ LA SALVEZZA. CI CHIAMÒ ALL’ESISTENZA MENTRE NON ESISTEVAMO, E VOLLE CHE DAL NULLA COMINCIASSIMO AD ESSERE.
Esulta, o sterile, tu che non hai partorito; prorompi in grida di giubilo, tu che non partorisci, perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata dei figli di quella che ha marito (cfr. Is 54, 1). Dicendo: Esulta, o sterile, tu che non hai partorito, sottolinea la gioia della Chiesa che prima era priva di figli e poi ha dato noi alla luce. Con le parole: Prorompi in grida di giubilo…, esorta noi ad elevare a Dio, sempre festosamente, le voci della nostra preghiera. Con l’espressione: Perché più numerosi sono i figli dell’abbandonata dei figli di quella che ha marito, vuol dire che il nostro popolo sembrava abbandonato e privo di Dio e che ora, però, mediante la fede, siamo divenuti più numerosi di coloro che erano guardati come adoratori di Dio.
UN ALTRO PASSO DELLA SCRITTURA DICE: «NON SONO VENUTO A CHIAMARE I GIUSTI, MA I PECCATORI» (MT 9, 13). DICE COSÌ PER FARCI CAPIRE CHE VUOL SALVARE QUELLI CHE VANNO IN ROVINA. IMPORTANTE E DIFFICILE È SOSTENERE NON CIÒ CHE STA BENE IN PIEDI, MA CIÒ CHE MINACCIA DI CADERE. COSÌ ANCHE CRISTO VOLLE SALVARE CIÒ CHE STAVA PER CADERE E SALVÒ MOLTI, QUANDO VENNE A CHIAMARE NOI CHE GIÀ STAVAMO PER PERDERCI.
…sono andata in sito, già il titolo mi ha detto tutto; “NELLE BUFERE DELLA VITA CHE FARE?” non lo so che altro si possa fare se non tuffarsi nel cuore di DIO e cercare solo li il coraggio per superarle ? La barca travolta dalle onde, immagine della nostra vita, spesso travagliata e in pericolo, incapace e impotente occorre l’intervento immediato di Gesù che ha il potere di dire alla forza del mare:”TACI”. Spesso ci ritroviamo in questa barca privi anche del necessario a bordo, perchè, pur di non affondare, ce ne siamo dovuti liberare, gettando ogni cosa in mare. La parola “TUTTO mi è risuonata forte nel brano di Vangelo di questa domenica, l’ho voluta abbinare al “TUTTO” della mamma Cinese; alla vedova della città di Sarèpta e alla vedova che getta nel tesoro del Tempio le ultime monetine che possedeva.
Tre figure femminili diverse per cultura, ma grandi di cuore. Il cuore è quel muscolo tenero pieno di pietà e si intenerisce anche difronte alle pietre , qualche volta però riceve in dono poca gratificazione …
Auguro di cuore alla tenera e grande mamma cinese di poter riascoltare dalla voce del caro figlio la soave parola “MAMMA”